La città e i servizi psichiatrici

 

I MALATI SOMMERSI
Martedì 21 Maggio 2002

di Fulvio Scaparro

L'opinione pubblica è allarmata dai ripetuti fatti di cronaca che hanno visto famiglie sconvolte da episodi di gravissima violenza. Ci si chiede se sia possibile prevenire o almeno intervenire tempestivamente quando i protagonisti hanno dato segnali di sofferenza e squilibrio che potrebbero fare prevedere atti aggressivi contro se stessi o contro gli altri. Il comprensibile clamore destato da infanticidi e omicidi non deve però deviare la nostra attenzione dalla grande quantità di episodi quotidiani che dimostrano l'infelicità nei rapporti con noi stessi e con il mondo e che si traducono in comportamenti per lo più «sommersi», cioè non resi noti dalla stampa, ma drammatici sia per chi li mette in atto sia per coloro che sono a vario titolo coinvolti.

I lettori, anche se non hanno esperienza diretta, sono bene a conoscenza di cosa sto parlando: di tutte quelle manifestazioni acute di sofferenza psichica che assumono un carattere di urgenza perché in grado di sconvolgere non soltanto chi le manifesta ma tutto il suo ambiente di vita, sia esso la famiglia, la scuola o il luogo di lavoro. Chi si trova davanti alla crisi acuta di un familiare, un amico, un collega di lavoro o anche di un perfetto estraneo, non sa letteralmente, spesso, a quale santo votarsi.
Penso all'allarme confinante con il panico dei parenti che non sanno cosa fare né a chi rivolgersi, che non trovano al telefono il medico curante, che sono costretti a risolvere la crisi con le proprie risorse o con l'aiuto della forza pubblica, che vanno in un pronto soccorso nella speranza di trovare personale preparato e formato per la psichiatria di urgenza.

Proprio ieri il ministro Sirchia ha annunciato che in Lombardia dovrebbe partire la sperimentazione di cure a domicilio. A Milano non mancano le competenze per affrontare questo problema che dovremmo tutti sentire come nostro, non fosse altro per gli effetti a cascata sulla nostra collettività di una sofferenza psichica non riconosciuta e non trattata adeguatamente e tempestivamente.
Quella che manca in città è una rete di servizi pubblici zonali di emergenza psichiatrica, disponibili 24 ore su 24, in grado se necessario di effettuare anche interventi domiciliari, che siano in grado non solo di 'gestire la crisi', contenere la rottura dell'equilibrio emotivo del paziente, sostenere e consigliare con sensibilità e umanità i suoi parenti, amici o colleghi, ma anche di fornire adeguati suggerimenti per la messa a punto di un progetto di trattamento successivo alla crisi.

So che nella nostra città e nella nostra regione non sono pochi gli psichiatri sensibili a questo problema e bene al corrente della specificità, in termini di formazione, di un intervento di emergenza che non può essere soltanto clinico o medico ma anche sociale. Mi aspetto da loro una presa di posizione forte e propositiva e, dalle autorità e dai cittadini sensibili ai temi della salute pubblica, la necessaria attenzione ad un problema che è rischioso continuare ad ignorare.