I buchi neri

Cisky

26-07-2012  

Astrofisici e psicologi provenienti da ogni parte del pianeta si sono oggi riuniti per discutere sull'ipotesi teorica proposta congiuntamente dal dottore in astrofisica Albert Hole e dal dottore in psicologia Winni Noir. I due studiosi incrociano da tempo le loro ricerche sullo spazio del cosmo e della nostra mente, entrambi così vasti e misteriosi; il convegno riguarda un punto di comune interesse per i due vecchi amici: il buco nero.

Dopo un'attenta analisi del materiale scientifico, i due sono giunti alla conclusione che anche nelle vastità più profonde dell'inconscio si possono formare dei buchi neri. Questi sarebbero in grado di attrarre con la loro forte gravità emozioni, ricordi traumatici, conflitti, aspirazioni.

Proviamo a riassumere quanto dicono i due scienziati. Per l’astrofisica un buco nero è una concentrazione di materia associata a un campo gravitazionale così intenso da non permettere neppure alla luce, che viaggia alla velocità di circa 300mila Km al secondo, di sfuggire a tale forza. Allo stesso modo, il buco nero mentale è una concentrazione di esperienze traumatiche vissute soprattutto nell'infanzia. Come per il buco nero in campo fisico, quello mentale può essere osservato solo per gli effetti che esso determina sulla materia circostante. Con il passare del tempo il trauma e il suo ricordo vengono inconsapevolmente rimossi a causa del dolore che provocano. Non ne rimane traccia visibile, ma la materia traumatica con la sua “intensa forza gravitazionale” curva lo spazio mentale circostante al punto da catturare tutte le idee e le emozioni che il soggetto vive e che sono in qualche modo collegate ai pensieri, ai ricordi, ai conflitti del buco nero mentale.

Tanto nello spazio cosmico quanto in quello dell'io profondo, un buco nero diviene visibile solo nel preciso momento in cui attrae a sé, in un caso la materia cosmica e la luce stessa, nell'altro il ricordo delle esperienze vissute e delle fantasie connesse. Nell’uno e nell’altro caso, il buco nero è destinato ad ingrandirsi a spese di tutto quanto gli passa vicino.

In entrambi i casi la “voracità” del buco non permette alla materia che viaggia in sua prossimità di mantenere la sua identità originaria, ogni cosa che gli passa vicino perde la sua struttura originale e diventa pasto per questa specie di Minotauro che, insaziabile com’è, diventa sempre più grande e sempre più capace di attirare a sé altra materia. I due scienziati concludono ammonendo che "… solo quando ci si è resi conto degli effetti della sua presenza, si può cominciare a studiarne l'azione e a capirne come difendersene".

 

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