L'autorità del bambino

il primo verbale del Gruppo della trasgressione donne

Silvia Casanova

25-10-2006

Il dottor Aparo apre la discussione focalizzandola sull’appuntamento del 16 dicembre che avverrà in carcere e che farà incontrare detenuti del gruppo e cittadini comuni.

Sulla scorta dell’incontro al femminile della settimana scorsa, dove s'era parlato del bambino che ha la forza di motivare il genitore a superare ogni ostacolo fisico lo separi dal figlio, viene ripreso il discorso su “l’autorità del bambino sul genitore”.

L’obbiettivo principale della giornata sarà stimolare la comunicazione tra carcere e mondo esterno, non attraverso la richiesta di attenzione verso il detenuto, ma procedendo alla costruzione di contenuti da proporre all’esterno come materiale di riflessione.

Uno dei temi principali si riassume nel “ritorno del genitore al figlio” che significa riflettere sull’importanza, la forza, la rilevanza del figlio nelle emozioni del genitore.

Cosa muove l’autorità del bambino nel mondo e nella mente del genitore?

Di fronte all’autorità della figura istituzionale di solito ci si inchina per rispetto o sottomissione; di fronte all’autorità del bambino ci si inchina per accudirlo, proteggerlo, farlo crescere.

 

Gli interventi del gruppo

Patrizia: quando da adolescente sentivo i racconti dei miei coetanei che volevano essere meno controllati e protetti dai loro genitori mi arrabbiavo. Io sono stata abbandonata appena nata, di me non si è mai preoccupato nessuno.

In qualunque luogo io fossi, mi sentivo di peso per qualcuno, ero una bambina silenziosa e tendevo ad isolarmi.

Mara: mi piacerebbe ascoltare i pareri dei padri. Ho ammirato ed odiato molto mio padre, era una persona autoritaria, non mi ha mai concesso di entrare nel suo mondo, forse era geloso del potere che avevo su mia madre.

Viene letto lo scritto di Umberto Picone, l’orologio a pendolo.

Patrizia: sento il timore e l’ammirazione verso il padre; il bambino non parla della sua paura ma colpisce il padre con un gesto; il padre conserva l’orologio rotto dimostrando di aver capito la comunicazione del figlio.

Fedua: il bambino non vuole perdere suo padre e il padre conserva l’orologio rotto dal figlio.

Anna1: il genitore insegna che niente è inutile.

Letizia: la vicinanza tra padre e figlio è conservata da un simbolo.

Mara: non mi sembra un bel ricordo, affiora quando lo scrittore sente il suo cuore battere in modo irregolare. L’orologio stimola nel bambino curiosità, fascino e paura, viene rotto per rompere la paura. La rottura però non risolve il problema, viene solo seppellita l’ansia.

L’ora adesso è ferma, segna un ricordo. Ma cosa ha fatto questo padre in quel momento per un figlio che si faceva la pipì a letto? Il padre tiene l’orologio rotto mascherando il bisogno di dire al figlio che gli vuole bene.

Anna2: non si dimentica niente di quello che si vive da piccoli.

Kati: l’orologio è rotto ma la vita può ricomporsi; il tempo fermato nell’orologio può essere ricostituito.

Fedua: l’orologio rappresenta qualcosa; io sento il bisogno dell’affetto di mio padre ancora oggi, spero che mi consideri e di questo non posso dimenticarmi.

Eleonora: la mia impressione è negativa, sento la paura verso il padre e l’ammirazione ma non all’interno di un rapporto autentico.

Livia: sento che stiamo parlando della fragilità del padre segnalata da tutti e in particolar modo da Mara (esperienza personale)

Kati: la relazione non funziona ma sento nello scritto anche la possibilità di costruire qualcosa di buono.

Letizia: l’affetto di un genitore serve al bambino per acquisire la fiducia nel mondo.

Patrizia: il problema è con un padre che non si fa “stabilizzare dal figlio”, devono congiungersi e far combaciare le aspettative.

Fedua: padre e figlio cercano reciprocamente affetto, l’orologio è un segno di avvicinamento.