GRUPPO DELLA TRASGRESSIONE

Livia Nascimben

Incontro del 05-01-2004

Al rientro dalle vacanze di Natale, abbiamo ripreso una riflessione lasciata in sospeso a dicembre su quali siano gli obiettivi del gruppo della trasgressione; dopo due anni di lavoro congiunto fra detenuti e studenti, abbiamo ritenuto opportuno verificare come i diversi membri del gruppo interpretino le attività e la propria collaborazione.

Ogni membro, interno ed esterno, è stato invitato a comporre uno scritto evidenziando
• obiettivi e motivazioni personali all’interno del gruppo,
• il o i metodi che ciascuno ritiene più utili per il nostro lavoro.

Ivano, durante la discussione e il commento di alcuni scritti sull’argomento, ha posto una domanda che è parsa a tutti interessante: “acquistando nuovi strumenti per interagire con la realtà, non potremmo correre il rischio, una volta liberi, di commettere reati organizzati in modo più efficace?”

Ivano esprime il timore che l’acquisizione di una maggiore conoscenza di se stessi e degli altri possa virtualmente corrispondere anche ad una maggiore capacità nel pianificare i propri crimini. A qualcuno viene in mente che l’avere, ad esempio, imparato a scrivere e ad utilizzare il computer, possa esporre ad un maggiore rischio di diventare un truffatore informatico.

Ognuno cerca di rispondere all’interrogativo. Tutti sono d’accordo nel sostenere che:

 

In conclusione, l’intelligenza, la cultura, la sensibilità non elidono né il rischio né la libertà di commettere reati o di avere comportamenti lesivi verso se stessi e gli altri, magari giuridicamente non perseguibili, ma altrettanto distruttivi. Le persone mantengono la possibilità di servirsi delle loro competenze per agire a discapito di se stessi e della collettività, ma avere la possibilità di scegliere fra diversi modi di relazionarsi con gli altri e con se stessi corrisponde ad una maggiore libertà di decidere di sé.

Ogni competenza in più permette di fare un maggior numero di cose; potenzialmente, anche un male “più organizzato”! Ma per dare fuoco ad un barbone, per fare del male, non è indispensabile avere molte competenze: basta una buona quota di ottuso rancore e la capacità di accendere un fiammifero; tanto vale, dunque, accettare il rischio che cultura e sensibilità possano essere orientate anche in senso distruttivo.

Gli strumenti allargano gli orizzonti, rendono più consapevoli, permettono di godere di una varietà di esperienze, e quando l’uomo può gioire di un proprio risultato, di una conquista personale o delle persone a cui è legato, si riduce la motivazione ad abusare del proprio potere sugli altri per sentirsi protagonisti della propria vita.

Con l’acquisizione di nuovi strumenti aumenta la consapevolezza di sé, dei propri limiti e della propria possibilità di incidere sulla realtà; diventa così più facile individuare un percorso che rappresenti se stessi con i propri limiti e le proprie capacità e più difficile costruirsi delle giustificazioni posticce.

Ivano pone poi un’altra questione: l’aumentata conoscenza di se stessi porta a provare più sentimenti, ma allora non è possibile che per evitare emozioni dolorose, si compiano altri reati?

Livia
La maggiore capacità di ascoltare le proprie emozioni espone – è vero - al rischio di sentire un dolore più intenso, ma permette anche di provare una gamma maggiore di emozioni gratificanti e di nutrirsene. La spinta a fuggire dalle emozioni è possibile e reale, ma anche quella a goderne e a ricercarle.

Aparo
I rischi a cui espone il lavoro su di sé esistono, ma impegnarsi su un lavoro comune aumenta anche il desiderio di scoprire, di chiedere, di dichiararsi agli altri, di investire sulle mete personali e collettive e godere dei risultati. Altre garanzie, al momento, non abbiamo.