GRUPPO DELLA TRASGRESSIONE

Livia Nascimben

Riassunto e impressioni sul 26-06-2003

Oggi l'incontro è stato molto intenso; ho provato emozioni differenti: il fastidio di sentire parlare con un tono di voce alto e arrabbiato, la contentezza di essere in un gruppo dove ognuno tiene all'altro e a quello che si fa insieme, il dispiacere e la rabbia per la testardaggine, l'impotenza, la forza dei legami, la paura.

Mi pare comunque che l'obiettivo che si è posto il gruppo lo abbiamo onorato pure oggi pomeriggio: abbiamo dialogato e ci siamo confrontati, abbiamo espresso opinioni e ascoltato quelle degli altri; ciascuno ha detto chiaramente quello che pensava ed esposto le sue ragioni; se penso a come spesso mi sono comportata io nei confronti del gruppo, ho perso il conto di quante volte mi sono tirata indietro senza avvertire nessuno!

Da persona che vive fuori dal carcere ma dentro al gruppo mi ha sorpreso come nella differenza delle posizioni si potessero avvertire sentimenti comuni. Più volte mi è venuta in mente una famiglia numerosa con tanti bambini, dove ognuno ha bisogno della certezza di avere l'attenzione, la stima e l'affetto dei suoi genitori.

Nonostante i timori espressi sul come potranno procedere gli incontri fra di noi e col magistrato, ho ammirato il modo con cui si è giunti ad una scelta dalla quale tutti si sentono rappresentati e il fatto che tutte le persone si mantengano coese attorno all'obiettivo: una comunicazione fra dentro e fuori e con le istituzioni.

Anche se stavolta io faccio parte di coloro che cercano il dialogo, mi sento emotivamente vicina a chi guarda la cosa con paura, forse perché mille volte ho sentito nella mia vita una situazione come rischiosa e, anche se sapevo che poteva avere dei risvolti positivi, non mi sono fidata.

Quando i detenuti esprimono scarsa fiducia sul fatto che le figure istituzionali possano avere una autentica volontà di ascoltare i nostri intenti, mi pare di riconoscere, paradossalmente, la sfiducia, il senso di impotenza, la rabbia del cittadino che si sente prevaricato dal delinquente che ha violato casa sua e verso il quale ha solo il desiderio che resti in galera e non faccia altri danni: una posizione emotiva che, dopo un anno e mezzo di lavoro col gruppo, non può essere la nostra!

Se con il gruppo ci interroghiamo sui sentimenti del cittadino libero e del cittadino detenuto e sulle rispettive esperienze, allora investire sulla comunicazione fra parti diverse deve rimanere un obiettivo costante; è normale che prima che inizi la collaborazione si devono creare le condizioni utili: i miei genitori, fino a un anno e mezzo fa, non avrebbero mai pensato di collaborare con dei detenuti a un progetto per la comunicazione fra genitori e figli e per la prevenzione dei comportamenti devianti nell’adolescente.

Mi spiace non essere riuscita a esprimere a voce a tutto il gruppo le mie impressioni.