Campo Corto

Non era questo il primo sogno

Angelo Aparo

 

1999

Il film "Campo corto" racconta di un torneo di calcio,una storia che ha l'andamento circolare di un incubo, una gara dilatata da un tempo smisuratamente lento e costretta da uno spazio singolarmente stretto.

Queste sono anche le coordinate di una condizione in cui la difficoltà di progettare e di evolversi rende il rapporto con la realtà e con se stessi infecondo e mortificante.
Costretti a vivere in pochi metri quadri una realtà internazionale, i giocatori ingannano il tempo correndo appresso a un pallone, che nel corso di una partita evade dal campo, ma che ritorna subito dopo per farsi strumento di gioco e di costruzione, pur nella limitatezza delle condizioni in cui il gioco si svolge.

Se è vero che il tempo dilatato del carcere induce più alla fantasticheria che al lavoro, c'è da chiedersi come mai il gruppo di detenuti che ha realizzato il film, abbia potuto coordinare le proprie energie fino a completare questo prodotto e a consegnarlo al mondo esterno.

Di certo, lo spazio entro cui il film è cresciuto non è solo quello fisico di San Vittore, ma piuttosto quello determinato dal fatto che cittadini comuni, detenuti e figure dell'istituzione hanno voluto credere nella compatibilità dei loro intenti: emanciparsi dal rancore verso l'altro e assecondare la propria e l'altrui crescita.

Il film si apre sulla nostalgia di un primo sogno naufragato e si conclude con la richiesta di riprenderne insieme le fila per tesserlo meglio.
L'incubo di un torneo senza fine è diventato una comunicazione viva e intensa, che viene condotta dai detenuti registi del film ora con ironia ora con amarezza, e che procede in sintonia col dettato costituzionale, mentre ci affida il ruolo prestigioso e responsabilizzante di interlocutori dei loro sogni.