Fuga dal vuoto e ricerca di spazio

 

Milano San Vittore 31/07/01

Salvatore

Stimolato a parlare della sfida, durante gli incontri del gruppo della trasgressione di San Vittore, ho ripercorso il vissuto e l'esperienze, compresa l'attuale condizione di detenuto, mettendo insieme dei pensieri sulla sfida.

Senza voler assumere alcuna pretesa di verità, espongo quanto elaborato.

La sfida, per essere tale, deve essere dichiarata allo sfidato o a se stessi.

La sfida diviene parte dell'essenza dell'uomo; fin da bambini si inizia a sfidare genitori e compagni di gioco; un bambino è capacissimo di esasperare i genitori pur di ottenere il giocattolo richiesto; in una corsa, egli impegnerà tutto se stesso, per essere più veloce dell'amichetto, per essere più agile nel salire sull'albero. Da adolescenti ci si prodiga per ottenere buoni risultati nello studio, nello sport e così via. Man mano che si cresce, si acquisisce consapevolezza della malignità della vita: dell'infamia, dello schifo, del dolore, della vergogna. Tale sensibilità provoca la percezione di vuoto nell'animo; da qui, la necessità di nuove e forti emozioni.

Gareggiare, impegnarsi in una impresa che richiede il superamento delle proprie capacità, misurarsi con dei limiti e con i propri limiti: tutto ciò risponde a un intenso desiderio di gratificazione e di riconoscimento esterno.

La ricerca di se stessi è legata all'esigenza di voler superare la paura, di possedere la conoscenza per affrontare gli eventi, di acquisire la sicurezza per superare gli ostacoli, di essere pronti di fronte al destino grazie alle proprie capacità: alla forza, all'intelligenza, all'astuzia, alla creatività.

La sfida, di volta in volta, può essere stimolata dalla ricerca di forti emozioni, dal misurarsi con i limiti, dalla conoscenza di se stessi. Tali motivazioni sono presenti sia che si tratti di sfida alle regole, sia di sfida nelle regole.

La sfida alle regole è dichiarata solo con se stessi; la controparte, al massimo, ha una generica conoscenza di essere sfidato da un qualcuno, ma non una conoscenza specifica dello sfidante, né di quando, dove e come possa avvenire la sfida; vengono usati strumenti e metodi non sempre previsti, mai dichiarati, mezzi che per lo sfidante giustificano il fine.

Lo sfidato è sempre il massimo potere: il genitore nell'ordine familiare, il leader del gruppo nell'ordine degli amici, le istituzioni nell'ordine sociale. A causa della mancata dichiarazione della sfida, si potrebbe sostenere che lo sfidante assume un comportamento sleale, da traditore: una ipotesi che mi permetto di non condividere. Penso si tratti di sfiducia totale, nei confronti dei genitori, degli amici, del lavoro, delle istituzioni, in Dio. L'origine di tale sfiducia va ricercata nel vissuto, nella famiglia, nell'ambiente in cui si è cresciuti, nelle amicizie, nell'affermazione dei valori: la fede, il rispetto dell'uomo e della natura; la sfida diviene una ribellione a quanto è stato negato: amore, serenità, istruzione, svago e a quanto è stato dato: la fame, l'abbandono, l'emarginazione, le violenze, l'angoscia, la paura.

Sfidare nelle regole è la sfida dichiarata, nella quale si conoscono tempi, metodi, strumenti; lo sfidato è sempre un subalterno facente parte del contesto familiare, del gruppo di amici, del potere.

La sfida, sia quando è rivolta alle regole, sia quando si sviluppa entro le regole, viene sempre dettata da uno o più dei suoi aspetti: ricerca di forti emozioni, misurarsi con i limiti, ricerca di se stessi. La sfida si origina sempre da un motivo portante e primordiale: la ricerca di uno spazio di libertà, una conquista personale e ideale, l'evolversi in uno spazio per ritrovare la serenità, la gioia, le emozioni conosciute ancor quando non si distinguevano le immagini ed i colori, ma se ne viveva l'armonia.

Un giorno a mio figlio vorrò e dovrò parlare della sfida, di come affrontarla, di quali strumenti e metodi utilizzare. L'amore in Dio è sicuramente un cammino nel quale si incontra la solidarietà, la misericordia, il bene, la fiducia, il rispetto, l'umiltà, sentimenti che possono guidare all'amore per la natura, per i propri simili, per se stessi. Un percorso che proietta nel mondo ideale. Si potrebbe obbiettare che così si rinuncia alla sfida, all'evoluzione. Potrebbe risolvere l'obbiezione l'esempio di Gesù, che in nome dell'amore, sfidò nelle regole, l'ordine religioso dei fratelli Ebrei e sfidò le regole dell'Impero Romano, pagani e padri del potere. Quale migliore evoluzione e quale più ardua sfida ci può essere di quella di voler affermare il bene sul male?