Giovani e Rischio

 

Sport estremi e guida pericolosa

Aree tematiche

 

Tiziana Muzzioli - Psicologa


Negli anni ’80 e ’90 tra i giovani è cresciuto soprattutto l’interesse per gli sport estremi; sempre più ragazzi sono attratti dalla sfida contro i propri limiti fisici e le paure o contro quelli della natura: il vuoto, l’altezza, le rapide, il vento e la velocità.
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Questa passione per lo sport estremo è strettamente collegata alla cultura del rischio in adolescenza, presa in esame nel libro a cura di Franco Giori Adolescenza e rischio (F. Giori, 1988). La ricerca del rischio, tuttavia, non ha un retroterra culturale vero e proprio; essa si appoggia soprattutto sul meccanismo dell’agito impulsivo in adolescenza e sul bisogno d’esteriorizzare i conflitti interni. Coloro che praticano uno sport estremo, invece, rivendicano per sé una filosofia di vita più matura e riflessiva. Essi affermano che il loro desiderio di “superare i limiti” è espressione di un atteggiamento adulto di coraggio, autonomia e indipendenza.
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Una prima tipologia è quella di soggetti abbastanza sicuri di sé che attraverso questi sport vogliono entrare in contatto con emozioni e stati d’animo adulti d’autonomia, di forza, sicurezza, competenza, coraggio e libertà. Coloro che appartengono a questo primo gruppo evitano con attenzione i pericoli, (...) le loro fantasie convergono verso il mito affettivo della virilità, del cavaliere senza paura che si spinge al di là dei confini alla ricerca di se stesso.
Una seconda tipologia, invece, è quella di soggetti spaventati dalla vita ed incapaci di misurarsi con l’idea della morte. Nello sport estremo costoro cercano soprattutto le situazioni di rischio e di sfida alla morte, per mostrare a se stessi e agli altri di non temerla e di saperla controllare. Il mito affettivo che anima inconsciamente la loro passione è quello del bambino onnipotente perennemente in lotta con le angosce di castrazione; anche quando questi soggetti raggiungono un buon risultato sportivo non sono mai contenti.
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Oggi, per un giovane è sempre più difficile separarsi definitivamente dalle paure dell’adolescenza, acquisire responsabilità, autostima e diventare un adulto autonomo e sicuro. La famiglia e la società, infatti, gli offrono ben poche occasioni e stimoli in questa direzione; al contrario, molto spesso ne ostacolano la sua nascita sociale, proteggendolo e rendendogli sempre più difficile la ricerca di un posto di lavoro.
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La cultura giovanile reagisce, per esempio: spesso ci si gonfia i muscoli per non vedere la propria fragilità e ci si butta in un’attività sportiva per nascondere la propria paura di non farcela nella vita, il telefonino si trasforma in una specie di cordone ombelicale invisibile per non separarsi mai da chi si ama e l’automobile perde le sue caratteristiche di strumento utile, ma anche molto costoso e pericoloso, e diventa invece un giocattolo utilizzato con poca responsabilità, per negare la propria lentezza ed incertezza nel percorrere la strada della vita.