Sul tema "Sfida e invidia"

 

20-06-2002

 

Enzo Funari


Non credo si possa affermare l'esistenza di una parentela tra l'invidia e la sfida. Certamente vi possono essere situazioni in cui si può verificare una relazione dinamica tra le due. Il caso citato di Minerva, in senso emblematico, può essere considerato come una di queste situazioni: è il più potente che non sopporta la mancanza di un dominio su tutti i campi e che esprime una voracità insaziabile. L'invidia rappresenta quindi un'espressione patologica sorretta da un senso d'onnipotenza dominante.

Occorre tuttavia osservare che, in genere, l'invidioso tende a non mostrarsi tale in forma aperta; talvolta egli utilizza forme di mascheramento seduttivo, ossequioso, elogiativo ecc. nei confronti dell'oggetto invidiato, occultando così la propria distruttività. In questo caso la sfida viene accuratamente evitata, così come ogni altro tipo di conflitto e le strategie per danneggiare l'oggetto risultano criptate e persino negate dall'invidioso (vedi Jago nell'Otello).

La sfida, di solito, si presenta in forma aperta, cosa che non accade con l'Invidia propriamente detta. Voglio portare l'esempio di una situazione ludica che possiamo definire specularmene contraria alla vicenda Minerva-Aracne. M. Wertheimer ci propone nel suo libro "Il pensiero produttivo" una scena in cui due giocatori sono impegnati nel gioco del volano. Uno dei due è decisamente più abile e quindi vince con estrema facilità tutte le partite. Il perdente è ovviamente molto insoddisfatto ma lo è anche il vincente. Quest'ultimo propone allora di modificare le regole assumendosi un ragguardevole handicap nel punteggio iniziale; l'altro accetta e il gioco si fa equilibrato e interessante consentendo ai due di divertirsi. Al vincente non interessa la propria superiorità ma la possibilità di divertirsi. Il perdente non si sente offeso dalla proposta e accetta la propria inferiorità senza esserne ferito. In questa scena l'invidia è assente ma rimane la sfida come frutto di uno scambio relazionale.

Si potrebbe -e mi auguro possa avvenire- approfondire i molteplici aspetti del problema nei diversi contesti in cui si collocano. Concludo aggiungendo un'ultima annotazione. La "sfida regressiva" di cui parla Antonella forse non ha a che fare necessariamente con la regressione ma piuttosto con aspetti dello sviluppo emozionale, affettivo e cognitivo, rimasti fissati a esperienze psichiche precoci, in cui sono intervenuti fattori negativi per lo sviluppo di un'armonica strutturazione psichica.