Atti del convegno

 

6. Isabella Merzagora

 


APARO

E adesso preferisce intervenire la Merzagora? la Angelini?
La domanda è ancora quella. A mio giudizio, è particolarmente utile che più persone dicano la propria opinione sulla stessa domanda.


MERZAGORA

Mi fa piacere però almeno riprendere qualcuna delle suggestioni del Professor Stella all'inizio, perché sono di una forza etica che non può essere ignorata, indipendentemente dal fatto che non siano focalizzate sul problema del raptus.

Mi colpisce… "la banalità del male". Io vengo chiamata dal giudice e tutte le volte mi dico: "vediamo, qui, questo che ha ammazzato, che ha stuprato, che ha fatto a brandelli, che ha fatto cose…indicibili; adesso trovo il demonio, trovo il Faust e.. invece trovo delle cose da nulla, delle evanescenze etiche, quelli che i nostri nonni positivisti avrebbero chiamato <<gli imbecilli morali>>". Li senti come … cascare dalle nuvole…"ma non sapevo, ma adesso ho capito". Facciamo nomi e cognomi, tanto sono passati in giudicato: Maso; i particolari non occorrono, perché li conoscerete tutti, veramente dei più ripugnanti e dei più, appunto, eticamente evanescenti.

Questi mi preoccupano di più dei serial killer che adesso vanno tanto di moda, per palati forti, mi preoccupa la quotidianità del male, del male di massa. Mi vengono in mente Adorno, Milgram… quegli esperimenti, se non ve li ricordate, sull'obbedienza e l'autorità, che fa fare le cose più atroci. Questo mi spaventa molto di più del serial killer. Il serial killer, lo sappiamo tutti, è la patologia dell'umano. Ma anche il più produttivo dei serial killer non arriva a fare quello che un piccolo ufficiale nazista (e…di nazismi ce ne sono tanti) nella sua quotidianità dell'obbedienza acritica riesce a fare.
I tempi di oggi sono calamitosi? Può darsi. Anche qui mi viene in mente un autore classico, che spiegando l'etica statunitense degli Anni Trenta e Quaranta, diceva "siamo in un mondo in cui importa vincere il gioco, non importa seguire le regole del gioco". Oh, naturalmente, parliamo di tanti anni fa…

Be' adesso però vengo al raptus, scusate l'effervescenza di queste affermazioni, ma mi premevano… e qui mi riallaccio a quello che diceva la collega Bertolino, con cui ci ritroviamo spesso ai convegni.
Intanto il problema definitorio, o comunque nominalistico. Cos'è 'sto raptus? Qualcuno lo chiama "raptus" - che tra l'altro è una definizione un po' particolare della patologia; qualcuno "corto circuito", qualcuno "discontrollo omicida", addirittura, nell'800, avevano inventato questo magnifico termine della "monomania omicida".
Perché tanti nomi? Perché, evidentemente il problema esiste, il problema di spiegare questi delitti secondo termini razionali inspiegabili. Dice bene Aparo "un omicidio senza alcun vantaggio tangibile, per lo meno immediato", questa esplosione di aggressività… aggressività cattiva, perché le esplosioni di bontà di solito non preoccupano i criminologi… al massimo i futuri eredi, ma le esplosioni preoccupano soprattutto in personalità che non avevano dato segno, che non sembravano folli, non sembravano aggressive. E allora tutto un fiorire di nomi. Ma i nomi non sono spiegazioni.

Gli antichi dicevano: "l'oppio addormenta perché ha la vis dormitiva". Queste sono tautologie, e il raptus è l'araba fenice dello psicopatologo forense, certe volte lo si trova nella patologia (raptus melancholicus, raptus schizofrenico), allora magari riusciamo un po'…certe volte invece, è, appunto, nella "normalità".

Da parte mia, faccio sempre più fatica ad usare questo termine, "normalità"…
Il perito deve arrabattarsi a trovare una spiegazione. Come ripeto, certe volte esiste anche una patologia, e allora la spiegazione è relativamente facile… io sono un pochino più ottimista, rispetto al Professor Stella, in questo ambito. Siamo molto in difficoltà, noi psicopatologi forensi, oggi, a discernere, "questo è capace, questo è seminfermo, questo è incapace, quindi irresponsabile", però su qualche convenzione possiamo ancora contare.

Quando invece è un'emergenza di tipo semplicemente emotivo, qui, effettivamente siamo nei guai perché io a questo punto, o magari dopo, io ripasso la "patata bollente" , come si dice in modo colloquiale, ai giuristi, perché esiste addirittura un articolo del Codice, l'articolo 90, che dice che "gli stati emotivi e passionali non intervengono sull'imputabilità". Detto in altre parole e anche per spiegare agli studenti, vuol dire che se un atto, ancorché spropositato rispetto alla motivazione, ancorché apparentemente poco spiegabile, etc. etc. è "solo" un'esplosione di tipo emotivo, ebbene, qui il soggetto paga; potrà avere delle attenuanti, forse,ma è dichiarato responsabile. Il nostro Codice reputa che delle emozioni, delle passioni noi dobbiamo avere il controllo.

Giusto? Non giusto? Lascio a voi. Per i periti a volte questo è "stretto", e appunto si inventano "raptus", "cortocircuito", "discontrollo emotivo". Si inventano delle parole, facendo credere che la denominazione sia spiegazione. Così non è.