Diego Ludovico

Il Raptus

A volte, nel corso della vita, capita di non essere se stessi. Una forma di smarrimento momentaneo, una perdita dei valori intellettivi così fulminea, che la stessa persona, una volta ritrovata la lucidità del pensiero, non sa spiegarsi, anzi, se lo spiega, ma resta incredula sul fatto che una simile azione si sia potuta verificare.

In una recente trasmissione "Tempi Moderni", diverse persone portavano dirette testimonianze dei disturbi che le onde elettromagnetiche producono su alcuni corpi umani, mentre altre, che si dichiaravano competenti in materia, negavano l'evidenza del fenomeno. Io credo che lo studio della psiche dell'uomo non è mai sufficiente perché si possa affermare o escludere definitivamente qualcosa.

Io posso affermare, per esperienza personale, che il raptus è un momento, un istante, o se vogliamo una frazione di secondo, tra il pensiero distorto, cioè di veduta dell'evento e l'evento stesso, in cui la mente perde il suo contatto col reale-normale e si "avventura" in una dimensione di tutt'altra portata. Mi ha fatto tanta rabbia, quando uno psicologo, alla fine di un colloquio, mi ha risposto con una specie di ghigno: "Dovevi pensarci prima".

Ciò avviene, almeno questo è il mio caso, perché a monte di questa perdita di contatto, c'è stata una sorta di limatura, giorno dopo giorno (e non so da quanto tempo e a quanti episodi attribuirli), della coscienza e della integrità degli elementi positivi che mantengono in equilibrio il sistema nervoso.

Il raptus è anche il risultato di una rabbia inesplosa, di una rabbia racchiusa in un pericoloso contenitore, qual è il rancore per le cose che non riesci ad ottenere con "ragionamenti sani" (vedasi quanto le cronache di questi giorni ci stanno raccontando).

Il raptus è ancora il proprio convincimento, che tutto un lavorio creato attorno a te, magari in una vita spesa attraverso grandi sacrifici e rinunce d'ogni genere, sia in qualche modo stato reso vano da incomprensioni o peggio da intrusioni di diversa natura.

E non è da sottovalutare l'egoismo personale della controparte, sui benefici che può trarne dal sollecitare un certo stato di situazioni, come ad esempio la separazione o la richiesta di benefici che la legge consente al soggetto non sempre meritevole e a discapito del malcapitato, frustrato e bastonato soggetto, colpevole solo di non entrare più nelle grazie dell'altro.

Il raptus, a questo punto, lo possiamo rappresentare come una bottiglia di spumante che si continua ad agitare, finché la reazione dei gas in essa contenuti, non trovano altro sbocco che quello di far saltare il tappo, liberandosi così dalla prigionia in cui erano costretti.

Dopo questa "esperienza", sono convinto che il mantenimento dell'equilibrio è sì cosa possibile - altrimenti saremmo tutti "fuori di testa" - ma che in molte persone, a seconda dei trascorsi e del presente, può in qualsiasi momento manifestarsi lo scontro tra cellule contrapposte e arrivare così alla malaugurata decapitazione di quei valori necessari per la salvaguardia e la difesa del soggetto, a tutto vantaggio di quelle cellule che, approfittando del disorientamento temporaneo, fanno cadere l'individuo in uno stato di totale catalessi, quindi nella incapacità di poter usare le sue facoltà migliori.

Con questo, non voglio dire che non ci sia chi si nasconde dietro lo schermo del raptus, ma questa è un'altra faccenda. Come in tutti gli altri campi, anche in questo settore bisogna essere professionali e vigilare affinché si possa valutare con effettiva cognizione di causa.

Oggi, forse, non si ha molto tempo per riflettere; è tutto così veloce che l'uomo, a volte, si perde strada facendo.
Questo, però, non deve spianare la strada alle defezioni cui la continua richiesta d'urgenze ci obbliga, ma sfidare l'impossibile affinché si cresca con quell'equilibrio necessario per vivere in armonia con il creato.


Diego Ludovico