Il colore della mia libertà

Studente Carate

Gennaio, 2004  

Molte sono le risposte che vengono date alla domanda “che cos’è la libertà?”, ed ognuna diversa dalle altre.

Per molti il colore della libertà è essere spontanei, significa essere se stessi in qualsiasi momento ed in qualsiasi situazione o occasione; la parola libertà diviene un sinonimo di spontaneità e le decisioni che vengono viste come libere sono quelle che si possono apprezzare subito.

Si tende in questo modo ad affidarsi agli impulsi che nascono dentro di noi, ad impegnarsi per dei valori che soddisfano con immediatezza, anche per quanto riguarda le emozioni, piuttosto che per altri di meno immediata comprensione ma di enorme importanza per il futuro. La libertà viene così sciupata di volta in volta dagli impulsi che nascono dentro di noi e da tutti gli allettamenti che ci troviamo dinanzi lungo quel cammino che è la vita, disinteressandoci completamente di ciò che ci riserverà il futuro.

Per molti essere liberi significa non sottostare alle disposizioni o alle regole imposte da qualcuno e distinguersi dagli altri; significa essere originali. La propria diversità deve poi essere necessariamente espressa in qualche modo e si ricorre al vestire, al frequentare determinati locali invece di altri, a possedere certi beni materiali; rischia così di instaurarsi l’idea che la disponibilità di cose o denaro comporti l’essere liberi. Ma l’originalità ricercata nelle mode, la libertà abbassata a livello delle cose, rischiano di determinare nuove e pericolose schiavitù, e non ci può essere la libertà là dove si è schiavi di qualcosa.

Per molti il colore della libertà è fare tutto ciò che si vuole, pensare tutto ciò che si vuole e dire tutto ciò che si vuole, senza curarsi degli altri e delle conseguenze che le nostre azioni, i nostri pensieri e le nostre parole portano agli altri, senza tenere conto della volontà degli altri. La libertà viene allora percepita come indipendenza, come assenza di vincoli e di limiti. Ma in questo modo, l’individuo che rifiuta le regole che rendono possibile la vita in comune costituisce lui stesso una barriera per la libertà degli altri. Il suo modo di intendere la libertà, il potere di fare, pensare e dire ciò che vuole, fanno sì che gli altri subiscano la sua volontà senza poterlo limitare. Ma non ci può essere libertà là dove non c’è spazio per l’espressione libera degli altri, oppure là dove non si tiene neppure in considerazione l’altro e ciascuno è libero di opprimerlo in nome dei propri diritti e voleri.

La mia libertà non è nulla di tutto ciò.
Il colore della mia libertà non può che essere l’azzurro del cielo sereno di primavera. La mia libertà è potersi staccare in alcuni momenti dalla realtà, abbandonare per un breve attimo ciò che si sta facendo per poter sognare, anche solo un brevissimo istante, di qualche cosa o qualche luogo lontano, così da poter dimenticare per un solo piccolo momento ciò che preoccupa, i nostri problemi, le nostre indecisioni. La mia libertà è immaginare di levarsi in volo nell’aria, nel cielo, in alto, al di sopra del mondo e di tutti i problemi, dove c’è solo verità, e restarci per un tempo determinato, su, nel cielo, e tornare a terra quando se ne ha voglia, quando tutti i dubbi e le paure si sono ormai dileguati. La mia libertà è volare in alto, dove le nubi si diradano e solo le ultime, come batuffoli bianchi, galleggiano ancora nell’aria sopra le teste a rappresentare gli altri dubbi, le ultime deboli paure che presto lasceranno spazio all’azzurro cielo della libertà.
La mia libertà è sognare.