Minigruppo Rossella e Marcello

     

Primo minigruppo

Composizione gruppo: GianMarco, Carlo, Matteo.

Marcello: Sono stati letti “Il male ha bisogno di respirare”, “La Sapienza delle rane”, “Il gatto”, “Papà cosa fai in carcere?”, li rileggiamo, avete delle domande a proposito o delle considerazioni da fare?

GianMarco: Visto che hai scritto tu “La sapienza delle rane” avrei una domanda per te: Perché ti affascinava la crescita delle rane?
Marcello: Perché vedevo che loro crescevano senza accorgersene, non dovevano imparare a comportarsi, tutto quello che dovevano sapere era nel loro dna, mentre per me, per gli uomini, non è così. Noi dobbiamo usare l’intelligenza e dobbiamo imparare come vivere e amare.

Carlo: Ti affascina anche oggi?
Marcello: No, ora è normale. Io ho raccontato queste cose e sto al gruppo perché penso che condividere la mia esperienza passata possa essere di aiuto a ragazzi come voi, io alla vostra età ero già “da buttare via”, e se raccontarvelo vi può essere utile a fare scelte diverse dalla mia o aiutarvi a capire certe cose, sono felice.

Matteo: Tu cosa intendi per “Sapienza”?
Marcello: Il fatto che le rane non si chiedono mai se qualcuno gli vuole bene o no. Io da piccolo pensavo che, non essendo stato accettato dai miei genitori, non avrei potuto mai essere accettato da nessuno, per questo mi sono sempre sentito inadeguato, fuori luogo, in qualsiasi posto e ho agito sempre con rabbia.

Carlo: Lo sapevi già da piccolo o ragazzo come noi che quello che provava la zia per te era amore?
Marcello: Sì, ma non mi accorgevo che quello che facevo e volevo io era una forma di egoismo o che certi sentimenti miei verso altri bambini erano dettati dall’invidia.
Però mi chiedevo già da piccolo come si fa ad amare, chi mi amava, come avrei fatto io… e altre cose così.
Carlo: Mi stupisce la tua capacità di capire certe cose di quando eri bambino, io non so se ci riuscirei.

Rossella: Degli altri scritti vi ha colpito qualcosa in particolare?
GianMarco: “Il male ha bisogno di respirare”, mi colpisce questo, non ci ho mai pensato in questi termini.

Carlo: A Marcello: Tu condividi questo pensiero?

Marcello: Non del tutto, forse perché ho sempre vissuto nel male, ho sempre fatto il male. Però adesso penso che in una montagna di male, basta anche solo una briciola di bene per iniziare a trasformare tutta la montagna.

GianMarco: Mi sembra però che attualmente nel mondo le cose funzionino al contrario: se dopo una vita di bene, hai una briciola di male, questa può distruggerti il resto.

Rossella: è comunque anche questioni di scelte. Le briciole rimangono briciole fino a quando non decidi di alimentarle o di contrastarle. Nello scritto viene fatto presente che non si può cancellare il male da se stessi solamente non pensandoci; ogni cosa, sia di bene che di male, va capita e interpretata, deve avere il suo spazio, ma questa consapevolezza deve aiutare ad agire sul proprio male e suo proprio bene, quindi alla fine, quanto conta una briciola, dipende anche dalle scelte personali.

Marcello: Quali impressioni vi ha fatto entrare qui? È andato tutto bene?

GianMarco: Fa impressione il fatto che entrando si capisce subito che qui il tempo è fermo.

Marcello: Sì è vero, ma a proposito di tempo, c’è uno scritto di una persona del Faro che si chiama “Il pendolo”.

-Viene letto lo scritto-

Marcello riprende: "Qui secondo me, il fatto che lui pensi al pendolo fermo che però due volte al giorno segna l’ora giusta è una speranza, è la speranza di chi sta qui dentro, siamo senza tempo, ma due volte al giorno si può recuperare".

Secondo minigruppo:

Si aggiunge al gruppo la dott.ssa Donatella Sartorio che pone delle domande personali a Marcello: da quanto sei qui? Quanto ancora ci starai? Perché stavi con la zia?

Perché fai parte del gruppo?

Marcello: Io quando vado in cella penso a quello che devo fare per il gruppo, a quello che devo scrivere, a quello che posso dare al gruppo, a quello che può essere utile anche agli altri. Questo mi fa sentire bene. Ho fatto anche altri lavori in carcere, ma quando poi tornavo in cella pensavo comunque solo a quando sarei uscito, a fare un’altra rapina.

dott.ssa Sartorio: Ora vi racconto una cosa che mi è successa; ho conosciuto il prof. Aparo ad una riunione con il gruppo della Nave della ASL e io non sapevo nulla di questa iniziative.
Dopo quell’incontro ho pensato: “Se questi tipi di intervento fossero stati fatti prima, nelle scuole, forse questi uomini non sarebbero ora qui”; il professore allora mi ha invitato oggi qui, e ora ho capito perché: questo è proprio quello che intendevo io, fare arrivare questo ai ragazzi con questi incontri è di aiuto ai ragazzi e anche ai detenuti.

Rossella: Infatti l’idea di questo progetto rivolto alle scuole è nata ascoltando membri del gruppo che dicevano “se avessi avuto questa opportunità da giovane o alla prima carcerazione forse le cose sarebbero andate diversamente”. I detenuti hanno molto da dire ai ragazzi in questo senso, i primi che ne hanno potuto beneficiare sono stati proprio gli studenti che fanno parte del gruppo, ora con questo progetto, anche i ragazzi di questa scuola.

A questo punto il tempo a nostra disposizione stava per finire, i ragazzi hanno quindi scritto delle domande che avrebbero ancora voluto rivolgere ai detenuti:

  1. Come vivete quello che succede fuori? Lo sentite come qualcosa che vi riguarda o ve ne sentite estranei?

  2. Da ciò che si è letto sulla funzione genitoriale, si può concludere che per costruire un buon uomo è fondamentale la famiglia?

  3. Che grado di deterrenza ha e ha avuto per voi il carcere?