Recensione di

"Contea" di Franco Bomprezzi

 

 

Rossella Dolce

 

BREVE RIASSUNTO

La storia è ambientata in un ipotetico futuro in cui eventi politici hanno portato ad una frammentazione dell'Italia: ci sono i signori di Milano che detengono il potere, il regno di Sicilia, quello del Piemonte.
La frammentazione ha portato gravi cadute economiche: gli immigrati sono stati cacciati e i meridionali sono ritornati al sud dopo la scissione. In questa situazione quindi non c'è più stata madopera al nord e, per far fronte alla crisi, sono stati licenziati per primi i portatori di handicap e si è aumentato il ticket. I disabili che hanno mantenuto il lavoro sono stati quelli che già lavoravano in nero e che hanno accettato turni impossibili e umiliazioni di vario genere.

In seguito a questa situazione nasce l'handicap power, un movimento che mira a dare potere agli handicappati "per una giustizia dal basso".
Il capo di questo movimento è Giovanni dalle ruote nere, un uomo costretto sulla sedia a rotelle dall'età di nove anni dopo essere stato investito da un'auto. Il movimento ha preso piede in fretta con incisive azioni di sabotaggio nei luoghi del territorio dei cosiddetti "camminanti". Ad esempio, hanno dirottato treni senza vagoni per disabili su binari morti, appiccato incendi negli alberghi senza ascensori.
Il movimento predica l'uguaglianza secondo i dettami di Roosevelt, ma organizza nuclei armati territoriali che rapinano le banche e gli sportelli ticket nelle USL.
In questo modo, il movimento ha raggiunto una popolarità economica e un consenso tra disabili tale da costituire una comunità a sè e da chiudersi all'interno di una contea nella Lombardia chiamata : "Il regno della sacra ruota".

In questa città tutto è pensato a misura di disabile, dalle case alle scuole, agli ospedali. Le attrezzature sono le più avveniristiche.
Come in ogni città, anche la sacra ruota possiede un carcere ed è qui che si incontra un personaggio principale: Paolo, un camminante fatto prigioniero perchè venuto a spiare nella contea. Il programma del carcere prevede una riabilitazione, che in linea con i principi del movimento rivoluzionario prevede di far perdere l'uso delle gambe e l'accettazione passiva della carrozzina. Incaricata della riabilitazione è Francesca, personaggio protagonista del libro, in carrozzina per un incidente automobilistico dall'età di 13 anni.
Francesca è convinta delle idee del movimento, ma non ne approva a pieno i metodi troppo costrittivi. I suoi dubbi in proposito aumentano proprio quando si trova a dover riabilitare Paolo per il quale inizia a nutrire dei sentimenti.

Nel libro grande spazio ha proprio il conflitto interiore di Francesca che ne parla anche a Giovanni dalle ruote nere. In questo colloquio Francesca prede maggior coscienza dei suoi sentimenti e pur non rinnegando il suo passato e le sue azioni nel movimento (dice al capo "comunque io non ti tradirò mai") inizia a riflettere e valutare altre ragioni. C'è anche un colloquio con il prete della contea che la getta, se possibile, ancora più nel dubbio. La svolta arriva quando, uscita dalla Chiesa, vede un corteo dei giovani della contea che protestano e vogliono riaprire i confini. A quel punto Francesca decide di liberare Paolo, non prima però di avergli dichiarato il suo amore. Paolo ricambia questi sentimenti e fidandosi di Francesca decide di accettare il piano di fuga. I due passano una sera d'amore e poi si dirigono al confine dove però Francesca confessa a Paolo di non volerlo seguire nel mondo dei camminanti perchè non riesce a immaginare una vita nel loro mondo. Così Paolo scappa, con la voglia di tornare a riprenderla in un futuro meno ostile e Francesca resta nella contea andando incontro all'arresto. Importanti sono anche i dialoghi tra ragazzi ribelli e Giovanni dalle ruote nere in cui si comprende il pensiero di questo leader forse talmente sensibile da diventare intransigente.

Un capitolo del libro fa notare quanto un regime di qualsiasi tipo sia in ogni caso distruttivo e assurdo in alcune occasioni: arriva alla redazione del giornale della contea una lettera di una madre che in procinto di partorire denuncia la volontà dei medici di modificare il DNA del feto per far nascere un bambino fino a quel tempo sano, con qualche deficit.

 

PENSIERI IN LIBERTÀ

Primo punto

Leggendo il libro, mi sono accorta di provare le stesse sensazioni che provo quando leggo le poesie di Umberto Saba. Da psicologa esaltata che si fida più dei sentimenti che della ragione, ho quindi iniziato a pensare ad un possibile collegamento tra Bomprezzi e Saba.
Ho riletto le poesie senza sapere bene cosa stavo cercando e finalmente ho trovato l'illuminazione: una delle poesie scritte all moglie, senza titolo:

In fondo all'Adriatico selvaggio,
si apriva un porto alla tua infanzia. Navi
verso lontano partivano. Bianco,
in cima al verde sovrastante colle,
dagli spalti di antico forte, un fumo
usciva dopo un lampo e un rombo. Immenso
l'accoglieva l'azzurro, lo sperdeva
nella volta celeste. Rispondeva
guerriera nave al saluto, ancorata
al largo della tua casa che aveva
in capo al molo una rosa, la rosa
dei venti.

Era un piccolo porto, era una porta
aperta ai sogn
i.

La descrizione del porticciolo mi fa pensare a un posto protetto, in cui è possibile vivere facilmente, mi sembra un posto dove far crescere un bambino, tranquillo e beato.

Anche i personaggi del libro volevano un posto così e il rivoluzionario Giovanni dalle ruote nere ha tentato di costruire questo posto. Infatti, una volta finito di leggere la storia della contea, ho pensato che tutto sommato era una cosa sensata fare quello che ha fatto questo tiranno.
Qualcosa però non tornava: Francesca ha avuto la libertà di agire fino al confine, poi non si è sentita il coraggio di andare oltre per riprendersi i suoi sogni. Non sono una fanatica del lieto fine, non volevo la storiella romantica che finisce bene, ma sono una fanatica della libertà e vedere Francesca crescere durante la storia e cercare di affermare il suo diritto ad avere un'opinione per poi vederla abbandonare le speranze e rassegnarsi ad un destino scritto da un altro mi ha lasciato l'amaro in bocca.

Il punto è che la barriera di protezione messa da Giovanni dalle ruote nere, segnava un confine netto, protetto da guardie e in qualche modo rifiutava categoricamente tutto ciò che era al di fuori. Questo rifiuto apparteneva a Giovanni, apparteneva a tutte le persone che abitavano la contea, sottolineava le incomprensioni e definiva le differenze. Dopo aver condannato tutto ciò che non accomunava i disabili ai camminanti, Giovanni ha deciso cosa era giusto e si è concentrato su cosa era solo dei disabili, ha difeso i loro diritti certo, ma li ha resi gli unici in grado di essere concepiti.

Un disabile però ha anche diritti in quanto uomo e non solo in quanto disabile e uno di questi è l'avere il diritto di sognare. Il suo ideale era giusto, ma ha censurato una parte di sè per realizzarlo, ha perso il diritto di sognare, si è reso impotente, immobile, in una situazione che credeva soddisfacente, ma che in realtà è fragile : gli ideali possono cambiare, infatti i ragazzi si ribellano, tutte le generazioni vedono le ingiustizie presenti in una società e tentano di cambiarla.

Un barriera protettiva deve rispettare tutte le parti di sè, se ne tutela solo una si diventa tiranni di sè stessi, come a mio parere è Giovanni dalle ruote nere, tiranno convincente e coinvolgente perchè tiranno di sè.

 

Secondo punto

Nel libro si fa spesso riferimento al fatto che un camminante non può capire che "la carrozzina non è una opinione, ma una condizione di vita, come il colore della pelle, e alleanze occasionali non possono modificare l'obiettivo strategico e sacro della Società a misura di tutti".
Questo è un concetto inattaccabile, infatti chi può dire di non desiderare una società che rispetta tutti? Però il fatto di sottolineare che solo un handicappato può capire che questo sia giusto e necessario mi fa pensare che in realtà la scelta di usare la violenza sia stata presa in virtù della constatazione che "tanto nessuno si impegnerà per realizzare veramente questa società", ovvero in conseguenza di una sfiducia di base nei confronti di chi non ha una carrozzina.

Sono convinta di non poter sapere come è la condizione di disabile, non so come si possono sentire e vedere le cose da un punto di vista che non sia il mio, sono altrettanto convinta che un disabile non può capire a sua volta come vedo e sento io le cose. Questo però non vuol dire che non se ne possa parlare, l'ascolto non costa niente e il rispetto si impara. Una persona che rispetta un pensiero diverso, anche se non può condividerlo, può comunque dire la sua e essere una compagnia. Avere un compagno è importante, gli ideali possono cambiare, la solitudine per chi non ha la forza di cambiare è sempre in agguato.
Per fare questo bisogna essere quello che abbiamo definito come "pensatore debole" cioè abbattere le categorie predefinite e concentrarsi ugualmente sull'essere, in modo da stabilire relazioni più vere in un contesto mutevole.
Bel concetto certo, ma per essere un pensatore debole bisogna non solo dire che questo è giusto, ma anche essere abbastanza liberi da non considerare la propria o altrui situazione come massivamente invalidante rispetto la relazione, altrimenti non si ha la forza di essere accettati dall'altro.


Terzo punto

Nel libro si fa anche riferimento alla domanda che un disabile, ma anche un camminante si trova a formulare prima o poi: perché a me?

Credo sia la domanda più inutile della storia, o meglio, la domanda più crudele che un individuo può farsi. Perché è senza risposta e perché da il via ad un circolo infinito intorno ad un punto di domanda. Alla fine si impazzisce di angoscia e solitudine, perché mentre si è impegnati a girare a vuoto fino allo sfinimento, gli altri sono andati avanti con la propria vita e ormai sono persi.

Non sempre c'è la possibilità di riflettere, capire, togliere i rischi e poi partire: se è vero che tutto ha un suo perché è anche vero che il senso si costruisce, la fiducia si conquista, la libertà interiore si pretende e l'amicizia si sceglie.

Tutte queste cose richiedono un'azione, una volontà, un desiderio. Non può esserci nulla di questo finché si pensa di aver diritto ad un risarcimento dal destino. Il perché non lo so, ma non è importante.

Quello che ho appena detto assomiglia tanto ad una paternale, quindi per restare in tema finisco la riflessione con un pezzo di "quasi una moralità" di Saba:

"Fanciullo,
od altro sii tu che mi ascolti, in pena
viva o in letizia (e più se in pena) apprendi
da chi ha molto sofferto, molto errato,
che ancora esiste la Grazia, e che il mondo
-TUTTO IL MONDO- ha bisogno d'amicizia."