A che temperatura bolle l'acqua
se siamo in 60 milioni a voler mangiare la pasta?

 

Claudio Belletti


Premessa: Sono un Ignorante.
E' una premessa doverosa poiché, dopo ieri pomeriggio, la mia testa ha iniziato vorticosamente a riflettere su quanto detto dal Professor Gianni Vattimo e ho iniziato a pensare sul e con il pensiero debole.
Non Voglio e, purtroppo, non posso pensare di aver colto la vera essenza di ciò che Vattimo ha detto, però provo a formulare alcuni concetti sui quali ho riflettuto e che mi sono sembrati utili spunti per una riflessione.

Il pensiero debole
Innanzitutto mi è sembrato uno strumento molto potente, anzi potentissimo, per scardinare alla base tutti gli assolutismi o pensieri forti che siano. Però non sono riuscito a cogliere in che modo esso possa essere usato come processo costruttivo, e vi spiego perchè:
Vattimo ha sostenuto che la società, grazie al pensiero debole, può scrollarsi di dosso il peso delle imposizioni, visto che tutto si dà nella temporalità del presente.
Ora, il ruolo dell'accordo, quindi, assume un importanza centrale, garantendo la liceità e la temporalità della legge, che risulta necessaria per il quieto vivere.
Tuttavia, è proprio nell'accordo che tutto questo processo si fonda ma, al tempo stesso, dal mio umilissimo modo di intendere, barcolla.

Vediamo se riesco a farvi capire perché:
L'accordo permette, abbiamo detto, di trovare una soluzione mediata tra le parti al fine di trovare una soluzione o la soluzione migliore. Ma quante sono queste parti?
E' ovvio che se io mi devo mettere d'accordo con il mio vicino, Forse, riesco a trovare una soluzione, ma mano a mano che il numero di persone coinvolte cresce, vuoi per tutelare certi interessi o per garantire un minimo comune, diventa sempre più arduo trovare una mediazione.
Utopisticamente (però qui Platone non centra) potrei anche pensare che ciò sia possibile, ma realisticamente diventa difficile poter pensare solo di poter accontentare i più.

Quindi?
O la società si autoriduce, diventando una microsocietà, o non può abbandonare un pensiero forte assoluto con il quale confrontarsi.
Il pensiero debole è un modo di procedere che necessita di un pensiero forte per poter vivere.
Non può pensare di distruggerlo senza esser distrutto a sua volta.
Forse sto solo delirando ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.

Altra considerazione e poi passo direttamente dal pronto soccorso di psichiatria al San Carlo. (premetto che sono informazioni mediate e non dirette, quindi per qualsiasi castroneria siete autorizzati a fustigarmi)
Popper creò un modo di procedere che mi sembra analogo al pensiero debole: il criterio della falsificabilità.
Ovvero: non esiste una verità, poiché niente è dimostrabile, tutte le leggi che noi troviamo non sono altro che astrazioni utili nel presente ma niente di più. E allora che ce ne facciamo di tutto ciò che creiamo?
Semplice! Finché io non riesco a falsificare i dati essi mantengono una loro utilità per spiegare, ad interpretare, ecc., la mia (ed è importante questo "mia"!) realtà, in quanto tali dati sono i più utili nel mio presente.
Si dice che l'acqua bolle a cento gradi. Non è assolutamente vero. Non si può minimamente dimostrare nel mondo reale; però non si può ancora dimostrare il contrario; il dato non è falsificabile, e quindi posso utilizzarlo per i miei scopi sapendo che ciò per ora mi è utile.
Vado alla Neuro