Ma la beatitudine non può attendere
Martedì 7 Maggio 2002

Psicologia del mito

di Aldo Carotenuto

LA NOSTALGIA del Paradiso. È questa la forza motrice che ha alimentato le innumerevoli rappresentazioni artistiche attraverso il tempo. Fiumi di inchiostro sono stati spesi nel tentativo di definire questo luogo così distante dalle terrene possibilità conoscitive.
Uno stato di grazia sovrannaturale, quindi, dove la beatitudine dell’esistenza acquista i toni dell’infinito e dell’eterno. Una dimensione assoluta in cui le istanze del tempo e dello spazio non hanno più ragion d’essere, proprio perché l’assenza del “limite" è sua caratteristica.

Il bisogno di superare e valicare la condizione umana, fino a scoprire la condizione divina, il desiderio, in altre parole, di trovarsi nel cuore della realtà e della sacralità è la condizione primaria che da sempre spinge gli uomini alla ricerca del Paradiso.
La prospettiva mitica ci insegna come il Paradiso sia il luogo dell’immortalità, dell’immutabilità dove la progressiva e inarrestabile caducità e fragilità dell’uomo si arresta. Ma il raggiungimento di questo stato deve passare necessariamente attraverso il rapporto con le sofferenze e i dolori che attanagliano la condizione umana.

L’aspirazione al Paradiso perduto è universale, perché si tratta di una dimensione psicologica che appartiene all’inconscio collettivo di tutti gli individui, ovvero a quel sostrato psichico comune all’umanità intera.

E la necessità di dover trovare una spiegazione esaustiva ai travagli esistenziali che affliggono l’uomo durante il suo cammino di vita è stata una esigenza fondamentale, vitale. Il fardello che l’essere umano porta con sé in virtù della sua condizione legata ai “limiti" della vita terrena, è stato troppo pesante per poter essere semplicemente tollerato come elemento ineliminabile. E difatti i processi psichici tendono al superamento di questo caos primordiale restrittivo cercando sempre di ristabilire quell’equilibrio che continuamente viene turbato dalle avversità della vita. Intervengono, quindi, meccanismi psichici di razionalizzazione allo scopo di conferire una veste più accettabile alla realtà, con la funzione di rendere più tollerabile il dolore dell’uomo.

La ricerca del Paradiso incarna questa esigenza ineludibile dell’uomo di eliminare il profondo e lacerante dissidio tra Bene e Male. Di recuperare psicologicamente una rappresentazione dell’esistenza in cui la dimensione oscura del nostro mondo interiore, Mr. Hyde, possa cambiare volto e nome, amalgamandosi nella sfera del bene. Si tratta, in altri termini, di strategie psichiche adottate proprio per eliminare quella tensione tra gli opposti che sorregge l’architettura della nostra personalità, quella irriducibile attrazione tra due poli che alimenta la psiche di ogni individuo.

E Jung ci ricorda come sia proprio questa eterna conflittualità psicologica a rappresentare il nucleo della vita, la linfa generatrice di energia psichica in grado di sostenerci nel nostro itinerario esistenziale. L’assenza di questa tensione psichica corrisponderebbe alla mancanza di vita, alla incapacità di poter godere delle risonanze positive della realtà perché mancanti di un termine di confronto.

A questo punto scatta il meccanismo psichico della razionalizzazione poiché si cerca una via complementare e superiore a tali contingenze della vita terrena. Un simbolo, dunque, che possa elevarsi al di sopra delle umane possibilità di risolvere l’eterno dissidio tra Eros e Thanatos, armonizzando in sé le spigolature che nella vita hanno ostacolato il raggiungimento di una pace psicologica.