Le stanze

Adriano Avanzini

  06-04-2006

Ho apprezzato moltissimo lo scritto di Livia sui miei ultimi lavori.
E’ stato come assistere al disvelamento di qualcosa che si conosce ma che prende forma per la prima volta davanti agli occhi. E’ stato piacevole e gratificante.

Scoprire che i miei lavori possono dare voce non solo al mio bisogno di comunicare e mostrarmi, ma anche aprire spazi dove qualcuno può entrare ed avvicinarsi così tanto, è forse la cosa più toccante e significativa.

E’ successo ora con Livia (e Marta qualche tempo fa), è successo l’altro giorno quando da alcuni detenuti mi è arrivato un regalo inaspettato quanto graditissimo: il soggetto di un mio quadro realizzato con una tecnica che ne ha esaltato il valore e che, soprattutto, ha creato un intenso momento di contatto creativo ed emotivo.

Mi piace pensare che quanto vissuto con lo scritto di Livia e il regalo dei detenuti possa dire qualcosa anche sull’utilità della produzione creativa, almeno della mia (più che sull’Arte con la A maiuscola).

Questi miei ultimi lavori hanno un titolo generale che li accomuna tutti: “stanze”.
Le figure sono dentro delle “stanze”, spazi stretti, come li ha chiamati Livia.
E’ vero che sono lì per essere avvicinate, toccate, scoperte, riconosciute, ascoltate. Hanno forme arcaiche, quasi fossero reperti archeologici.

Le ho messe li in queste stanze come “geroglifici antichi riscoperti da poco, con alcune parti più "pulite", mentre altre ancora segnate dal tempo passato (Marta)”. Ora queste stanze sono state visitate (come in un museo, dice Livia) e la sensazione che provo, quasi fisica direi, è proprio quella di chi riceve delle visite.

Questo mi dice che, per la prima volta, quelle figure hanno qualcosa di mio, ma non solo, possono avere una loro autonomia che tiene aperta la possibilità di un ulteriore sviluppo che le “visite” possono contribuire a fecondare.


Un saluto a tutti e grazie

 

Altri scritti: Livia Nascimben; Marta Sala