S'i fossi foco

Ivano Longo

02-02-2004

Adesso lo so che qualcosa è cambiato. Moltissimi anni fa ascoltai questa canzone con mio zio che all’epoca aveva circa 37 anni e stava diventando cieco per via del diabete.

Io lo accompagnavo nelle nostre “scorribande”. Ero piccolo ancora, ma lui m’insegnò a guidare la sua fiat 127 e ad ascoltare le canzoni di De André. Gli avrei dato veramente un mio occhio pur di dargli la possibilità di vedere, e quando, molto tempo dopo, mi annunciarono che avevo l’AIDS, ci rimasi male, perché non potevo fare quello che avevo desiderato per molto tempo.

Era un uomo simpatico mio zio, con moltissima voglia di vivere nonostante il suo problema e la consapevolezza di quello che gli sarebbe accaduto da lì a qualche anno.

Le nostre sensazioni erano simili: io odiavo il mondo per l’ingiustizia e per la diversità che provavo; lui, molto probabilmente, per la sua realtà.

Ascoltavamo questa canzone insieme, mentre imparavo a guidare sulle colline di Pescara, ridevamo spensierati, pur avendo dentro la rabbia per l’impotenza di non poter cambiare le cose. Era un grande mio zio, mi ha insegnato a divertirmi e a lottare anche quando sei solo contro i mulini a vento.

Oggi, dopo moltissimo tempo, mi sono accorto che le cose sono cambiate: non odio più tutto il resto del mondo, ho imparato ad accettarlo, a conviverci nonostante io sia chiuso tra quattro mura, e la mia rabbia di adolescente si sia trasformata in motore per andare avanti e cambiare.

Oggi so che avevo dentro un fuoco, un magma di forza e di ribellione: quella forza che, incanalata diversamente, avrebbe potuto farmi entrare nel meccanismo che è la vita, e che, invece, avvertivo come qualcosa di opprimente e di restrittivo.

Ero io il problema e non la vita! Ero io che mi sentivo diverso, non gli altri! Quella diversità che oggi mi aiuta a “sentire” e a vivere. Oggi non voglio più bruciare il mondo, ma viverlo.


 

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