Il perdono del burattino

 

Francesca

Qualche considerazione di getto sul corso.

Le domande confuse, lo spazio di elaborazione ristretto, le scelte, la coazione a ripetere, gli agiti, il reato come sintomo, la pena e il carcere da una parte e dall'altra la posizione del cittadino comune, confuso e arrabbiato; in mezzo: la fatica di vivere, il compromesso di chi con questo problema ci lavora da anni...

All'inizio avevo delle attese, mi aspettavo un corso ben strutturato con tanto di programma, magari preciso e pertinente, e con bibliografia, ma poi così non è stato. Alle lezioni alternavo un senso di fastidio non chiaro, un poco di ansia per le parole "responsabilità, giudizio, mancanza, perdono" alle richieste più o meno consapevoli di dare un senso, di integrare emozioni cosi fluttuanti e discordanti: l'io e l'ombra, gli opposti, la domanda del reo, la voglia di vendetta della società, il pensare del buon padre di famiglia.

Lo schema e gli obiettivi non erano chiari e precisi, ma le lezioni parlano di raptus, di trasgressioni e sollevano domande sui processi che riducono gli spazi e che generano "burattini incapaci di dialogare con chi ne muove le fila".

Se il corso avesse avuto un ritmo preciso, strutturato e avesse risolto tutte le equazioni, accoppiando i diversi devianti ai diversi modelli teorici, con una bella interpretazione causale dei fatti e con efficaci interventi di recupero del reo, non ci sarebbero stati problemi: avrei studiato ben bene il tutto e preso probabilmente il mio bel voto.
Non era questo lo scopo, evviva !!l.
Il voto d'esame è dentro ognuno di noi. Il voto è la fortuna di poter usare lo spazio o incominciare a usarlo per elaborare temi più profondi, la vita e i suoi fatti, per dare attenzione ad una lettura più aperta e profonda delle storie e delle scelte oscure degli uomini.

Il gruppo della trasgressione, gli studenti, il sito, un gioco che comincia dall'illusione e deve passare per la frustrazione, con l'aiuto dell'altro, come ci racconta Winnicott, e pieno di micro e macro-scelte, come abbiamo sentito a lezione.

Ci sono anche i perché senza risposta, le domande difficili sulle differenze fra gli individui e sul grado di libertà o di cristallizzazione dei percorsi individuali, sulla affidabilità di una "giusta misurazione" della capacità di intendere…

Riflettere sullo stato d'ansia e d'agitazione che mi lasciava il corso, alla fine, mi ha aiutato ed eccomi qui, a rimettermi in discussione, ma, nello stesso tempo, a provare inquietudine perché forse il problema non ha risposta precisa.

Dietro ad ogni cosa ci sono due facce, c'é un forte dualismo, una contrapposizione, una contraddizione forse: ora so, ora voglio leggere il reato come domanda inespressa, come sintomo, ma con quali parole lo spiego ai miei bambini, se tornando dalle vacanze, trovo la casa sventrata dai ladri?

Un'altra domanda: perché, in certe condizioni, alcune persone diventano devianti e altre vivono uno spazio ingabbiante e dominato dal senso del dovere? Da dove viene questa fortuna? Io non ci ho ancora riflettuto, ma dopo questo corso ho un nuovo tema per la testa. Chi ci dà le risorse per costruire lo spazio, solo l'ambiente? E' così deterministica la vita?

E poi il lavoro in carcere, l'attività del gruppo della trasgressione, le discussioni, le poesie, il film, la testimonianza dell'uxoricida alla conferenza sul raptus? Forse per stimolare la relazione, la condivisione delle esperienze? Forse perché anche i sogni aiutano a capirsi un po' di più, a comprendere e a rileggere la vita, a perdonare anche la mamma che lavorava la notte e il papà che beveva sempre? E da questo poi la responsabilizzazione? …la trasformazione?
..e il bambino aiutò il reo a riprendersi lo spazio..

 


Grazie