Nati a Gratosoglio

 

Chiara Baselice

Nascere a Gratosoglio e diventare piccoli o grandi delinquenti, sbandati, prepotenti o addirittura eroi se muori sul "campo di battaglia": una profezia che si autodetermina.
Sono nata e cresciuta a Gratosoglio, periferia sud di Milano, case popolari o "palazzoni alti nove piani: gli alveari" come amano definirle i giornalisti, a un passo "dall'inferno", da una realtà difficile ma non impossibile, a contatto con gente ritenuta "cattiva" ma che forse poi non lo è.

Condannare, emarginare e puntare il dito è facile, il difficile sta nel capire il perché di tanto malessere e prevenirlo più che curarlo.
Negare che la realtà di quest'ambiente sia difficile è utile solo ad alleggerirsi la coscienza, pensare che si possa cambiare forse è utopistico, ma vale la pena provarci.
Ho diversi amici e conoscenti che sono nati in questa realtà, ma non tutti hanno seguito la medesima strada. C'è chi ha appreso dai propri o altrui errori, chi è maturato, chi vive in un eterno limbo nell'attesa che sia la vita a doverlo cambiare e non viceversa, chi paga per le colpe dei padri, chi imperterrito continua la propria condotta trasgressiva e chi non c'è più... ma rivive come "eroe immortale" nelle memorie del branco.

Ho cercato di comprendere, anche attraverso il pensiero di chi vive quotidianamente questa realtà, quali siano i fattori che determinano l'adesione a una condotta di vita fatta di piccole e grandi trasgressioni quali: furti, prepotenze sui minori, atti vandalici, violenze, fino ad arrivare a reati maggiori.
I motivi principali sono:

In questo scenario si prefigurano a mio avviso due tipi di trasgressione: la prima verso le norme sociali, la legge statale e perché no quella morale. La seconda verso il proprio ambiente, il gruppo, le proprie origini.

Mi soffermerei sul secondo tipo, che definirei: Trasgressione positiva.
Trasgressione, perché "disubbidire" alla legge del gruppo è vissuto dallo stesso come un torto, un abbandono, un rifiuto verso qualcosa che si è sempre condiviso, un tradimento che va punito con l'emarginazione, il disprezzo, la vendetta. E così l'individuo si trova davanti a una serie di difficoltà da affrontare: quella di eliminare dalla propria quotidianità devianze fino ad allora praticate, quella di sentirsi un "estraneo" nella "famiglia" dei pari, un autoescluso, e ancora quella di dover quotidianamente lottare contro la tentazione di ricadere in abitudini così familiari e comode.

<< ...devo lottare tutti i giorni per non ricaderci, la tentazione è ancora più forte perché su quella strada ci sono cresciuto e quelli sono i miei amici, anche se non approvo le loro scelte di vita.>>

Positiva, perché il superamento di questi ostacoli non è facile né immediato ma il traguardo alla fine è "la libertà" cioè il superamento della dipendenza dal gruppo, dalla droga, da abitudini che a lungo andare non portano a nulla.

<< ...adesso che ne sono fuori sto meglio, non perché mi sento superiore a loro, ma perché non mi sento dipendente da niente e nessuno, penso di poter chiedere di più a me stesso, di poter aspirare a qualcosa di diverso.>>

Questo tipo di scelta-trasgressione può avvenire solo nel momento in cui l'individuo decide di apportare alcuni decisivi e fondamentali cambiamenti alla propria vita. Innanzitutto il passo principale sta nel progettare e costruirsi una nuova identità sociale supportata da un intenso cambiamento personale, una maturazione.
La decisione di cercare un lavoro e impegnarvisi a fondo, un nuovo e diverso utilizzo dei soldi guadagnati onestamente (assumono un altro valore), un rinnovato modo di porsi nei confronti dei pari, degli adulti, della società, l'attribuzione di un più maturo valore all'amore sono solo alcuni degli elementi che permettono all'individuo di riacquistare una rinnovata fiducia in se stesso, una considerazione più elevata ed obiettiva delle proprie capacità, una sufficiente forza interiore da permettere di perseverare nella propria volontà di cambiamento e di far fronte alle numerose difficoltà che l'ambiente esterno interpone affinché non avvenga la trasgressione.

Mi sono domandata che cosa significasse per questi ragazzi "trasgredire" e mi sono resa conto che molti di loro comprendono benissimo la distinzione tra condotte devianti a sfondo delinquenziale e semplici trasgressioni, ma sono portati a giustificarle se vengono commesse da essi stessi o dai propri amici, non perché non ne comprendono la gravità ma perché le ritengono "normali".
E' "normale" che chi è più sveglio, più forte, più cresciuto sia rispettato, temuto, obbedito dai più "piccoli".
E' un "ciclo naturale", una "scuola di vita", prima o poi quegli stessi "piccoli" cresceranno e finalmente assumeranno il ruolo dei grandi e finalmente anche loro potranno mettere in pratica ciò che hanno appreso.
Penso che la maggior parte di loro non agisca con cattiveria, per ottenere facili guadagni o seguendo una naturale indole, ma semplicemente per assumere un'identità, una riconoscibilità agli occhi del gruppo e della società, per non rimanere nell'anonimato, perché l'unica cosa che hanno imparato, perché... <<funziona così dai tempi dei tempi.>>

Se a questi ragazzi fossero dati i mezzi per crearsi e raggiungere altre prospettive, per avverare almeno qualcuno dei loro piccoli e realizzabili sogni, delle strutture in cui realizzarsi e formarsi, in cui impegnarsi e costruirsi un'identità più "personale" forse molti meno di loro finirebbero al Beccaria, a S.Vittore, sulla strada, morti per "essere finiti" in qualcosa di più grande di loro.
Forse non di parlerebbe più del Gratosoglio in toni spaventevoli, pessimistici, generalizzanti, forse... forse tutto questo è possibile.