Noi e il virus delle gioie corte

Alessandro Crisafulli

10-01-2011

Noi del gruppo della Trasgressione siamo consapevoli della difficoltà delle domande che ci poniamo. Ma siamo anche consci di quanto sia importante affrontarle per cercare, con umiltà e partendo dalle nostre singole storie, il nutrimento per evolverci.

Questo cammino è irto di ostacoli, di fili scoperti che versano ancora materia: dobbiamo cercare di confrontarci con le nostre paure, i nostri sensi di colpa, i nostri fallimenti e, soprattutto, con il dolore causato ai familiari delle vittime. La consapevolezza oggi acquisita che, a distanza di un ventennio dai miei ignobili atti, ci sono persone che soffrono ancora a causa mia, mi impone di non essere passivo di fronte al dolore e di cercare di riequilibrare, almeno parzialmente, la bilancia delle mie azioni.

Questo è possibile soprattutto grazie al Gruppo della Trasgressione, il cui scopo è appunto dare "nutrimento" a chi, per i motivi più disparati, non l'ha ricevuto nell'infanzia, stimolando così l'autostima, il senso critico, le potenzialità costruttive rimaste allo stato latente, il senso di appartenenza e il senso del limite, vissuto finalmente non come un'imposizione ma come una condizione di protezione.

Tutto ciò ha anche la finalità concreta di portare la nostra storia e il nostro recupero principalmente ai giovani deviati, i quali vivono la prima e pericolosa fase in cui il "virus", subdolamente, si insinua.

Penso che il virus della devianza trovi terreno fertile soprattutto negli ambienti in cui la sottocultura non consente di comprendere le problematiche che si creano nelle menti dei bambini. Credo che ogni bimbo nasca con una voglia insaziabile di vita, una voglia che può essere supportata e accompagnata oppure bloccata e mortificata. Credo perciò che, se questo istinto non viene da una parte protetto e dall'altra guidato sin dall'inizio, le azioni future che il bimbo metterà in atto, molto probabilmente, non saranno indirizzate verso la convivenza civile. Il compito dei genitori è molto impegnativo e quando non si è maturi per tale ruolo, i disastri che possono derivarne sono enormi.

Purtroppo nella mia infanzia mi è mancato un punto di riferimento: mio padre era spesso assente e, anche quando c'era, non comunicava; mia madre, povera donna, non aveva gli strumenti per sopperire a tale mancanza, era frustrata e infelice e a stento riusciva a mantenere il suo equilibrio. E così sono cresciuto elaborando in solitudine le sensazioni, le emozioni e i comportamenti che mi circondavano; ciò mi ha limitato enormemente, rendendomi facile preda del virus.

Quando manca una relazione diventa difficile evolversi: ci si chiude in se stessi e si arresta il processo di una crescita positiva. Sopravvivere diventa un'impresa, impari a contare solo sulle tue forze, a leccarti le ferite emotive in un angolo (un po' per vergogna e forse perché inizi a credere di essere "sbagliato") e aspetti che il tempo ti offra l'occasione per il tuo "riscatto". Cresci senza regole, hai difficoltà ad assimilare quei principi che portano a vivere civilmente in una comunità: rispetto verso gli altri, tolleranza, senso dello Stato. In questo modo ti senti in diritto di fare ciò che vuoi e calpesti tutto quello che ti ostacola. Finché un giorno sarai violentemente fermato (con la morte o con la galera) e in quel momento tutto il tuo pseudo mondo si frantumerà.

A questo punto la situazione è critica: il virus è ben radicato e le condizioni per estirparlo sono pressoché inesistenti. Qui è necessario che le istituzioni entrino in gioco con autorevolezza per riportare vita dove giacciono le macerie del passato criminale. Certo non è semplice, sono necessarie persone sensibili e competenti, in grado di svolgere la funzione di guida e di fungere da modelli positivi.

Naturalmente, il presupposto fondamentale è che il detenuto abbia maturato la consapevolezza del male causato: solo così è possibile una lenta risalita dagli abissi. Ma è altrettanto necessario che chi incarna la funzione di guida creda fermamente che ogni uomo, se ha il giusto nutrimento, può evolversi e ricomporre i pezzi di un mosaico male assemblato.

Credo che questo sia possibile tanto più quanto prima si interviene sulla persona e, ancora meglio, quando il "mosaico" è in fase di formazione. Si sa, i giovani rappresentano il futuro, favorirne una buona evoluzione è il bene più grande che la società possa dare a se stessa.

Per noi membri del Gruppo della Trasgressione è gratificante dare un contributo in tal senso, portando la nostra testimonianza sugli effetti devastanti che produce il virus. Come il mito di Sisifo insegna, non c'è punizione peggiore per un uomo che sentirsi inutile.