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Dopo un anno

Margherita


Faccio parte di questo gruppo da più di un anno ormai. Il percorso che ho intrapreso dentro di me per arrivare ad affermare con soddisfazione che sono un membro del gruppo della trasgressione è stato difficoltoso, un continuo mutare di emozioni e pensieri. Da sei mesi soltanto sento reale la convinzione e solida la motivazione a investire seriamente in quello che stiamo facendo. Il fatto che prima, in un certo senso, opponessi qualche resistenza era dato da antichi pregiudizi e timori: oltre a considerare la prigione un vicolo cieco, temevo la staticità dell'ambiente carcerario e l'opinione di quelle persone che, libere o detenute, non fossero visibilmente propense a guardare dentro se stesse.

Col tempo ho fatto delle scelte e ho capito che è proprio attraverso il lavoro col gruppo che possiamo provare a trasformare, costruire e ristrutturare la realtà che viviamo. Trasformare in risorsa uno spazio che in sostanza si limita a privare le persone della libertà. Costruire ponti con l'esterno; sensibilizzare al problema parti della società che ignorano o temono ciò che sta dentro e intorno al carcere; inventare modi per divertirci e creare insieme nuovi canali d'espressione. Ristrutturare e rinforzare qualcosa che già esiste ma che vive in stato di precarietà: la speranza del cambiamento e la comunicazione fra dentro e fuori le mura.