La donna col dente rotto

Gabriele Rossi

24-01-2007  

Ero piccolo quando ho dovuto fare i conti con la morte di mio padre, sei anni. Un incidente con l’automobile… Sentivo parlare i grandi… è stata una donna che lo ha tamponato, pare non si preoccupasse d’altro che di essersi rotta un dente, gridava disperata: “datemi uno specchio, i miei denti!”. Nella macchina che lei aveva appena tamponato e visibilmente ridotta ad un rottame, mio padre diceva le ultime parole… prima di andare in coma e lasciarci dopo nove giorni.

Oggi mi ritrovo a trentasette anni con un trascorso fatto di sostanze e reati, rapine in particolar modo.

Il senso di quello che vado cercando, forse, sta proprio in quelle rapine. Ero quasi sempre solo quando decidevo di agire, ma non ho mai scelto un luogo da rapinare se all’interno non vi era almeno una donna. Ricordo che cercavo all’interno prima la figura femminile e poi la via di fuga più veloce.

In alcune occasioni, quando non ero solo, ho dovuto persino dare una motivazione al mio rifiuto di portare avanti la rapina in posti scelti dal mio compagno ma che all’interno non avevano una donna. Lui mi diceva: “ma è semplice, facile”… io rispondevo di no, dicendo: “non ci sono donne lì dentro, gli uomini reagiscono diversamente se non ci sono donne”.

Detto tra noi, questa è una perfetta cavolata.  Una volta entrato per fare la rapina, tutto mi passava per la testa tranne che agire con violenza verso le donne, anzi, quasi ero gentile, premuroso, e quasi sempre mi dirigevo verso l’uomo, spesso senza nemmeno considerare la donna. Credo mi bastasse la sua presenza… forse per riprendermi in qualche modo mio padre… o anche solo un magro riscatto verso una perfetta sconosciuta che in qualche modo nella mia testa rappresentava quella donna.

Non so se il mio modo di ragionare la questione sia giusto oppure no, ma un senso deve esserci se io cercavo quella donna… che se non c’era, nemmeno la rapina mi sembrava avere senso.