Un paese pieno di soldi e di lavoro

Sparta

10-03-2010  

Non so come metterlo giù questo scritto per raccontare una piccola parte della mia storia al Gruppo della Trasgressione.

Sono piccolo, magro, di pelle olivastra, nero di occhi e di capelli. So leggere poco, scrivere poco, so fare la firma ma, guardate, nessuno può capire il mio nome dalla firma, ma quello sono io.

Ero in Albania e sentivo spesso parlare dell’Italia da amici che dicevano che l’Italia è un paese pieno di soldi e di lavoro. Pian piano mi ero convinto e avere tanto coraggio per passare il confine senza documenti. Sono salito su un camion, mi sono nascosto sotto il carico e quello che guidava ha voluto i soldi e io gli ho dato tutto ma tutto, tanto io andavo a fare fortuna in Italia.

Per tutto il viaggio, andare, fermarsi, andare, al buio, senza bere, senza mangiare, non parlavo, non mi muovevo, due, tre giorni, non so, avevo tanta paura, sì. Sentivo parlare straniero e non capivo niente, gente che va e gente che veniva, in quei momenti facevo fatica a respirare, che paura e poi il silenzio e niente.

Il camion riparte e sono in Italia, urlo e rido e non sentivo più fame e non avevo più sete. Cammino per dove non so senza parlare mai. Prendo il treno nella stazione e per caso scendo a Brescia. Lì ho conosciuto gli amici, ho ascoltato, ho guardato senza farmi vedere e ho imparato a prendere il bus senza biglietto, ma non a rispondere alla polizia quando mi fermavano la notte che mi chiedevano dove andavo a prendere i soldi per i panini e il caffè e le sigarette.

Un giorno ho capito le parole italiane e ho risposto alla polizia senza tremare e ho alzato la testa, mi sono messo in fila negli uffici, ho risposto a tante domande tante volte e mi hanno aiutato a fare i documenti.

Lavoravo dodici ore al giorno con la polvere nera del ferro e con la paga bassa perché io ero apprendista povero straniero che non sa fare niente e con le parole che offendono e nessuno mi salutava. Mangiavo un panino al formaggio e le sigarette, la sera andavo alla sala giochi che era pieno di rumore e di caldo e a tarda notte andavo in una casa abbandonata con tanti come me a rubarci le coperte della Caritas e a tremare dal freddo, coperti dal fumo delle sigarette e a bere alcol e a litigare e a fare a botte e a rispondere alla polizia che volevano i documenti e volevano che noi andavamo via di lì.

Sto male. Mi licenziano perché arrivo tardi al lavoro e perché sono il solito extracomunitario “lazarun” e ho la TBC. Mi curano, ma pensavo cosa farò adesso che sono solo, malato e senza lavoro e senza soldi. Nel frattempo non potevo più andare in questura perché non avevo lavoro e i documenti erano scaduti. In quei momenti ero incazzato e avevo appena compiuto venti anni.

Ora la cosa che mi preoccupa molto è il pensiero di domani.