Desiderio di responsabilità

Fabio Licciardi

05-11-2004  

Sono davanti alla tv, c’è il telefilm che mi tiene compagnia tutti i giorni, la sua trama è impostata sulla semplice vita di un gruppo di ragazzi; mi piace, in quanto riesce a coinvolgermi in emozioni e sentimenti che non ho avuto opportunità di vivere ancora realmente. I personaggi del telefilm hanno l’età che avevo io prima del mio arresto, la storia è semplice, ma allo stesso tempo la trovo intensa, tanto da ricavarne sensazioni di vita vera.

La vita vera e semplice, quella che penso di avere tradito commettendo il reato per cui sono in carcere, mi manca molto, e ormai trascorro questa esperienza detentiva nell’attesa del mio rilascio per poterla riabbracciare.

Il carcere dove mi trovo sembra fatto apposta per me, vivo in una cella singola, non c’è molto: una branda e il televisore. Su due delle pareti ci sono due disegni: il primo è un cielo, sembra raffigurare una giornata autunnale, anche se non ne sono certo; non c’è nessun indizio esplicito, tuttavia non doveva essere una buona giornata per il pittore che lo ha dipinto. L’altro disegno è qualcosa con cui non ho mai capito cosa il pittore volesse rappresentare: è un rettangolo che parte dal pavimento e arriva a una trentina di centimetri dal soffitto.

Per fortuna c’è la tv a farmi compagnia. E’ ormai per me la “finestra sul mondo”, attraverso di lei riesco a vivere, anche se in maniera furtiva, visto che rubo la vita dei suoi personaggi. Sono contento quando la guardo, non la spengo nemmeno di notte, è sempre lì che mi fa compagnia.

Le poche volte che è spenta i miei pensieri tornano a quando mi trovavo fuori, al periodo che assomigliava molto a quel telefilm, la nostalgia mi provoca un dolore intenso che a stento riesco a sopportare. Il conflitto oltre ad essere forte è anche assurdo, almeno io lo trovo tale, in quanto la ragione comprende e condivide i motivi per i quali la società mi ha messo in carcere, visto il mio irrimediabile errore, ma la frustrazione dei miei sentimenti ed il risentimento che ne consegue in taluni momenti mi portano a pensare alle mie di ragioni, nonostante mi senta pienamente colpevole.

La paura mi assale e non mi sento più in grado di affrontare il conflitto che c’è dentro di me, mi convinco che le mie paure ed i miei errori non mi faranno mai vivere con semplicità. Mi affretto a riaccendere la tv, così che la mia mente trovi una cosa diversa su cui concentrarsi. Tra un programma e l’altro riacquisto la serenità. I giorni, i mesi, gli anni passano, il telefilm che mi piaceva tanto è finito, e ogni giorno spero che ritrasmettano le puntate per ricominciare a vivere.

Al mio risveglio mi accorgo che la tv è spenta, sicuramente ci saranno dei lavori alla rete elettrica del carcere, quindi non posso accendere la tv, mi sento vuoto senza e non so cosa fare. La giornata si profila lunga e difficile perché fra non molto si presenteranno la “ragione” e la “delusione” con i loro discorsi. Sembrano sapere il momento preciso in cui la tv è spenta, ma questa volta dovrò sopportarle visto che il mezzo per farli andare via non c’è.

Non riesco nemmeno a finire il mio pensiero che una sensazione di smarrimento si impossessa della mia mente. Vorrei correre subito ad accendere la tv, so già che altrimenti cadrò nella disperazione. Mi alzo dal letto per tentare di distrarmi, mi avvicino al disegno del cielo, e comincio a guardarlo nel tentativo di concentrarmi su qualcosa che mi distragga dal mio senso di smarrimento. Mi attira, non posso fare a meno di avvicinarmi sempre di più, lo osservo con insistenza, e non so bene se per evitare di cadere in pensieri negativi o perché realmente ne rimango affascinato.

Non mi ero mai interessato come oggi a quel dipinto; osservandolo più da vicino, sembra modificarsi a seconda dell’angolazione da cui lo si guarda. Ormai gli sono così vicino che ci sbatto quasi il naso sopra, all’improvviso cominciano a tremarmi le gambe, d’istinto mi allontano dalla parete, e solo in quel momento realizzo che non c’è nessun quadro, ma solo la finestra della mia cella.

Di colpo mi giro ad osservare l’altra parete e mi accorgo che lì c’è la porta, solo adesso mi rendo conto di potere uscire dalla drammatica realtà in cui vivo, solo adesso so che quei due quadri esistevano, ed esistono ancora in parte, solo nella mia mente e che in nessuna maniera potranno impedirmi di tornare a vivere a patto che io lo voglia.


 

La mia disperazione mi ha fatto nascondere anche la piccolissima possibilità che ancora ho di tornare alla vita. Come in una continua ripetizione di quando usai vigliaccamente quel maledetto pugnale, in tutti questi anni non ho fatto altro che continuare ad usarlo, ma questa volta su me stesso.

Il mio telefilm, mentre immaginavo la vita di quei ragazzi, mi ha fatto venire voglia di tornare a vivere. Le persone libere vivono la vita quotidiana tra sacrifici e divertimento, con odio e amore; ognuna di queste sensazioni, bella o brutta che sia, è importante, perché tutte insieme ci dimostrano che siamo vivi. Ho tradito il mio desiderio e cercherò di riacquistare la sua fiducia, perché desidero vivere.