Sviluppi dopo una fuga

Orazio Sanfilippo

14-05-2004  

Se una pecora va via dal gregge, allontanandosi dall'ovile fino a giungere nel deserto, allora succede che il pastore le vada dietro fino a quando non la ritrova. Nella parabola del Vangelo, in prima battuta, è il pastore che segue la pecora che si è allontanata dal gregge e, sola, è andata nel deserto. Il deserto lo vedo come simbolo della solitudine, ma anche come luogo inospitale così da poter divenire mortale per chi lo sfidasse.

Nella parabola, la "deviazione" della pecora dalla via condivisa e seguita dal gregge rappresenta una scelta di solitudine che può portare alla morte. Il ritorno all'ovile avviene grazie all'intervento attivo del pastore che segue la pecora fino a ritrovarla. Quest'ultima, in mancanza dell'intervento del pastore, non necessariamente sarebbe ritornata nel gregge, scegliendo autonomamente di sfuggire al pericolo di morte ed alla solitudine. Da qui, evidentemente, la rilevanza assegnata alla figura del pastore/maestro.

E la solitudine non può essere vista anche come una forma di morte? La solitudine, scelta o imposta, non somiglia un po' al suicidio o all'omicidio? (Allora il carcere, quando è anche solitudine, non è un luogo dove aleggia questa morte?)

Quando la parabola tratta degli uomini, mette in luce che colui che ha abbandonato la casa paterna, diversamente dalla pecora, non sceglie solo di andare ma anche di ritornare. Il ritorno avviene dopo che il figlio si è trovato derelitto per aver dissipato ogni suo avere e, pentito, decide di ritornare alla dimora paterna, dal padre dal quale spera di essere accolto, seppur non più come figlio, almeno come servo.

E il padre accoglie il figlio che ritorna, anzi non attende che egli giunga fino a casa ma gli va incontro e festeggia il ritorno, perdonando la scelta del figlio di andar via ed in più premiandolo, con i festeggiamenti, per la scelta di ritornare. La scelta del ritorno, seppur in qualche modo condizionata dalle circostanze avverse (ma quale scelta non è condizionata?), è una scelta cosciente e possibile. E' possibile, dunque, la redenzione, il ravvedimento, il pentimento (cioè il rinnovamento della mente), è possibile, cioè, il ritorno nel "mondo condiviso".

Rembrandt illustra il ritorno del figlio dal padre, il loro ricongiungimento. Questo evento, però, così come nella parabola, e così come nella storia concreta, può non essere approvato, festeggiato e condiviso da tutti. Il ritorno, il perdono, cioè, possono non essere condivisi da tutti i membri della comunità. Può essere che alcuni, o molti, non vedano o non vogliano vedere ciò che é cambiato nel singolo oppure che, seppur notando il cambiamento, non siano disposti a ri-comprendere, a rivedere, a ricongiungere.




Nel quadro si vedono diverse figure:

Nello sviluppare queste riflessioni sono tornato con la memoria alla mia fanciullezza, quando anch'io sono scappato da casa e per alcuni giorni ho vagato per le campagne intorno al paese dove vivevo e mi sono nutrito dei frutti della terra e ho trovato riparo negli anfratti che la campagna mi offriva.

Per me è stato un po' come per la pecora della parabola, sono venuti a cercarmi e dopo sei giorni, i miei genitori ed i miei parenti, mi hanno ritrovato. Dopo il ritrovamento, anche nel mio caso, il modo di accogliermi non è stato condiviso da tutti i parenti: mentre mia nonna mi rassicurava e mi diceva di stare tranquillo, cioè mi accoglieva subito con l'abbraccio ed il perdono; mio zio, col consenso dei miei genitori, dopo avermi ricondotto a casa, tradendo la mia fiducia nel perdono, mi ha accompagnato in campagna e mi ha punito duramente dandomi moltissime botte.

Nel mio caso, evidentemente, la felicità per avermi ritrovato sì è tradotta prima nella punizione, nell'espiazione di una pena, e solo dopo, ma già con un valore diverso, sarebbe giunto il perdono.