Il mio vuoto

Ivano Longo

20-09-2008 Nota sullo scritto

 

È strano come le persone alle quali sei stato legato, provochino in me un vuoto enorme. È come se qualcosa mi fosse tolto, strappato improvvisamente da dentro me stesso.

Immagino il mio stomaco completamente vuoto di cibo, è questa la mia visione, la mia sensazione. E in quel momento non trovo nulla, nemmeno nell’angolo più recondito della mia mente qualcosa che riempia quel vuoto.

Poi dopo il primo impatto riaffiorano i ricordi, vedo il viso di quella persona a me un giorno cara, le sue movenze, le volte che andavamo in campagna a provare le armi. Sparavamo agli alberi per vedere se e quale pistola, riusciva a passarli da parte a parte, quale era la più maneggevole, la più precisa, la più pericolosa.

Ricordo sparatorie di 5-10 minuti con mondialini, carabinieri o poliziotti, era un vero e proprio far west. Con lui “lavoravo” ad occhi chiusi, non dovevo mai rialzare lo sguardo dal raccogliere il denaro, perché sapevo che c’era lui che vegliava su di me.

Ci siamo salvati la vita più volte e più volte abbiamo salvato la vita a persone che non lo meritavano, perché lavorando con noi avevano sbagliato qualcosa, qualcosa che aveva messo la nostra vita in pericolo.

Ormai questo mio amico è morto, e l’ultimo ricordo che ho di lui risale a quella volta in cui, vedendomi in pericolo, ha messo la retromarcia ed è entrato sfondando la vetrata di una banca, è sceso dall’auto, ha tirato fuori il suo “ferro”, ed io dopo aver preso i soldi, salivo in macchina scappando via.

Era un uomo d’azione, anche se organizzavo sempre tutto io.

Ho qualcosa dentro che mi dice: “questa banca è una cazzata farla”, soltanto passandogli vicino, e alla fine ho sempre avuto ragione.

Ricordo quando dopo le rapine tornavamo a casa, guardavamo se eravamo feriti da qualche parte e ridevamo con ancora le armi in pugno e la borsa piena di banconote. Poi cambiavamo auto e vestiti e andavamo a casa sua a spartire il bottino. Poi ci salutavamo.

Io compravo un po’ di coca per calmarmi dalla troppa adrenalina assorbita durante le rapine, dico "durante le rapine" perché a volte le facevamo una dopo l’altra. Ci sentivamo talmente forti e grandi che nessuno poteva fermarci e nessuno ci fermò mai, eravamo invincibili.

Sui giornali poi il giorno dopo leggevamo: “erano in 2, spietati e velocissimi”.

Avevamo solo una cosa di diverso lui ed io: quando leggevamo quelle parole a lui brillavano gli occhi, a me invece davano da pensare. Io non mi sentivo spietato, ero solo deciso a prendere quello che volevo. Penso che questa persona rimarrà sempre dentro di me, anche se ora non c’è più.

 

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