I miei obiettivi con "Il faro"

Cosimo Colbertaldo

30-10-2003  

Fare parte del gruppo “IL FARO” significa per me avere la possibilità di confrontarmi su temi impegnativi come la libertà, la responsabilità, i muri, le maschere dell’essere umano; significa condividere emozioni e pensieri e alimentare dei legami fra persone, detenute e non, che partono dall’esperienza della prigione e dei limiti –di cemento e/o di paure- per esplorare aree problematiche e inventare percorsi di conoscenza.

Fanno parte dei nostri obiettivi la comunicazione, la riflessione e il gioco creativo con persone che hanno vissuto e vivono un’esperienza segnata dalla sofferenza e che, attraverso un impegno collettivo, vogliono trasformare questa esperienza in un bene sociale.

Lavorare sulla prigione della dipendenza è un obbligo dal punto di vista morale e sociale perché a volte l’abuso di sostanze può portare alla morte. Il gruppo cerca le risorse per contrastare quelle spinte autodistruttive e violente che spesso si legano alla tossicodipendenza. Al naturale desiderio di evasione bisogna saper affiancare la determinazione a dialogare con i propri conflitti, anche se ciò comporta molta fatica.

Si utilizza l’attitudine naturale a guardarsi dentro per riconoscere meglio i propri sentimenti e le diverse voci che abitano nella coscienza. A volte si ricostruisce un insieme fatto di tanti frammenti soggettivi, altre volte si cerca di diversificare ciò che appare compatto e unitario, all’interno delle singole personalità o nel sapere condiviso.

Un elemento centrale nell’attività del gruppo è costituito dalla fantasia, che ciascuno di noi è invitato a liberare per arricchire il confronto e cimentarsi in nuove prove, impegnando i propri mezzi e confrontandosi con i propri limiti. Un senso di tristezza può divenire, grazie alla relazione con gli altri, sentimento di rabbia e la rabbia a volte può aiutare a perseguire un obiettivo.

Mettendo in campo le nostre emozioni, cerchiamo di indagare sui diversi piani del nostro agire e delle nostre scelte, sui confini, spesso molto sfumati, fra ciò che è lecito e non lecito, distruttivo e costruttivo, evolutivo e involutivo. Il gioco costruito sullo scambio di conoscenza è un primo passo per favorire la ricerca di ciò che può renderci liberi.