I colori degli animali

Antonella Cuppari

22-01-2004  

Gli scritti di Walter e di Silvia parlano di un viaggio personale, di confini, di incontri.
Walter chiama i personaggi che incontra sull’ “Isola quadrata”, Nullatenenza, Libertà, Responsabilità, Adrenalina. Silvia parla di un’isola deserta, e di animali come il serpente, il leone, l’aquila. Livia, poi, nel suo verbale, aggiunge la figura della formica.

Mentre leggevo questi scritti ripensavo a tutte le fiabe di animali che da bambina mi sono state raccontate: “il leone e il topo”, “la formica e la cicala”, etc…
Ho cercato su internet delle fiabe che avessero come protagonisti gli animali citati da Silvia, e mi sono messa a leggerle.

Ciò che mi ha incuriosito è vedere come di uno stesso animale, per esempio il leone, ogni fiaba abbia enfatizzato degli aspetti diversi. Così il leone, con la sua forza, viene descritto una volta come coraggioso, un’altra volta come ingrato, un’altra ancora come prepotente.

Se ci penso, però, anche i temi che col Gruppo abbiamo affrontato, in fondo, non presentano un’unica tonalità. La sfida può essere regressiva o costruttiva; la libertà può essere intesa in tanti modi diversi. Gli esseri umani sono accomunati da spinte, bisogni e peculiarità universali; ciò che cambia è il modo in cui ogni singolo interpreta queste premesse per trovare posto nel mondo e una propria identità.

Il leone è senza dubbio un animale forte e vigoroso; di volta in volta, però, esso può utilizzare questa sua caratteristica per prevaricare gli altri, per essere re della foresta. L’uomo nel leone può trovare il simbolo della giustizia, della lealtà, del rispetto, o al contrario, può vedere in lui la forza prepotente, di cui bisogna avere paura.

Quando nel Gruppo abbiamo parlato di responsabilità o di imperfezione, mi sono accorta che si tratta sì di cose che mi appartengono, ma di cui conosco solo alcune delle mille sfumature che possono avere. Mi sono resa conto di quanto il mio modo di vivere il senso di responsabilità, o il desiderio di perfezione a volte siano stati eccessivamente monocromatici, tanto da diventare quasi una prigione personale.

Anche io, come Silvia e Walter, mi sento parte di un viaggio, un viaggio che ha per caratteristica principale l’incontro. Un incontro con il mondo, con gli altri, con modi diversi di vivere le spinte comuni. Un incontro con le parti di me in conflitto, un incontro tra colori. Riconoscere i colori del mondo mi permette di avere più tinte da utilizzare per costruire una mia identità, con una sua originale miscela di colori.

Nel leone io posso vedere la forza e il coraggio; ma nella favola del leone e del topo, il leone è anche un animale bisognoso che viene liberato da un piccolo roditore, è anche leale perché riconosce di dovere la vita ad un altro essere vivente.

Credo che la fecondità dell’incontro stia nel riconoscere se stessi anche in ciò che l’altro ha di “diverso”, e nel riconoscere, pur nella differenza delle possibili manifestazioni, i bisogni e le spinte che ci accomunano. Non solo. L’incontro è tale, secondo me, solo se riesco a riconoscere in me che quello che l’altro sta vivendo, in qualche modo, anch'io l'ho fantasticato o l'ho vissuto.

Della sfida so di aver sperimentato sia la sua parte più egoistica, sia la sua parte più creativa e giocosa. Ho provato a trasgredire “prelevando” cinque mila dal portafoglio di mia mamma. Vivo la creatività a modo mio, nella danza e a volte nel gruppo; una creatività forse un po’ imbrigliata, costretta, bloccata dalle mie paure e dai miei conflitti.

Ricordo che, alle scuole medie adoravo usare le tempere ad olio, perché il colore ci impiegava un bel po’ di tempo ad asciugare e a diventare definitivo. Potevo così fare dei ritocchi in qualsiasi momento, potevo rimettermi in discussione, potevo provare nuovi accostamenti.

Siamo composti di molteplici aspetti, che possono convivere, stare ben nascosti, prevaricare sugli altri, litigare. Le esperienze nella vita mi hanno portato ad essere a volte un leone coraggioso ed altre volte quello testardo; a volte l’aquila libera e altre ancora l’aquila ingrata, in alcuni momenti la formica laboriosa e in altri la formica ingenua.

Non mi piace vedermi serpente. Forse ha degli aspetti che ancora non voglio riconoscere in me stessa. E’ freddo e inespressivo. Lo tengo a distanza e lo temo. Forse un giorno, tra i riflessi della sua pelle, riuscirò a trovare una nuova tonalità per la mia tavolozza. Tanto il colore che ho steso è ancora fresco.