Muri quotidiani

Gabriele Rossi

28-06-2004  

 

Foto di Carla Zaffaroni

 

Questo scritto è in onore del vero e di Livia,

che non pensavo avesse così tante cose in comune con “noi” prigionieri. Cambiano gli obiettivi ma nel tragitto impervio c’è un denominatore che ci accomuna, la sofferenza, come anche la voglia di rivalsa e l’enorme sforzo di adattarsi in un mondo che ci ha fatto sentire stretti e spesso soli, senza nemmeno le armi per una battaglia alla pari o una difesa di diritto.

Anche lei, come noi, ha dovuto fare mille contorsioni per adattarsi, proprio come quei rami fotografati nel riflesso di quella piccola bacinella d’acqua. Non credo sia un caso che Livia abbia scelto di segnare le mie impressioni proprio a riguardo di quella foto; è vero, le parole sono mie, ma principalmente penso che la sua partecipazione sia stata mossa dal suo trascorso di sofferenza, o forse dal suo futuro di rivalsa, in ogni caso, lei sente quella foto sua quanto io mia.

Trovo ammirevole come lei riesca a mettere allo scoperto i suoi problemi avuti ed il suo stato di fragilità, a volte piangendo a volte sorridendo, di fronte a tutti. Parlandomi di alcune sue difficoltà mi ha detto che lei si è creata una sua prigione, ho avuto la riconferma di quanto in realtà la vita sia piena di prigioni, o prigionieri. A differenza di altri, però, io penso che le prigioni non ce le costruiamo noi; credo che nasciamo circondati da alte mura, mura che con il crescere dobbiamo imparare ad abbattere; a volte sono demolizioni che avvengono grazie alla spontaneità e alla sfrontatezza che solo in tenera età si possiede, altre si abbattono anche con il duro lavoro di due bravi genitori che ti insegnano la vita.

Guerrieri si nasce per un’esigenza di adattamento, in seguito si decide se arrendersi o meno alla battaglia della vita, chi in un modo e chi in un altro, si decide se proseguire o meno nell’abbattimento di quelle mura frapposte fra sé e la “libertà” di “essere”.

Per non so bene quale forma di egoismo, in parte è rassicurante sapere che ci sono persone intorno a noi che soffrono e che non riescono ad adattarsi, fa sentire meno soli, meno diversi, e perché no, anche meno arrabbiati nella ricerca di quella felicità che sa più di utopia che di concretezza. E’ più nobile sentirsi alleati di chi vive la sofferenza, piuttosto che antagonisti, viverla insieme in un confronto diretto traendone tutti le giuste motivazioni che danno forza e ragione alla propria voglia di rivalsa … proprio come sta facendo Livia.

E per l’onore che porta dentro di sé, magari senza saperlo o considerarlo, io la ringrazio a nome di tutti, anche di quelle persone che non riescono a farlo a causa della prigione che si sono costruiti attorno o di quei muri che non hanno saputo abbattere.

Invece, in virtù del fatto che troppo spesso vi sono guerrieri che disertano il Faro (ammetto di essere uno di loro), penso che vi siano ragioni esterne ed eventi che agiscono nel singolo individuo facendolo entrare in un vortice pilotato da fantasie e considerazioni che lo inducono a disertare; ma non solo dal Faro, io penso dalla vita e dalle battaglie che quotidianamente essa comporta.

Aparo, magari senza condividere, riconosce la possibilità che tali eventi contaminatori abbiano un peso nelle nostre scelte; lui accetta e prosegue nella sua battaglia quotidiana… “FUOCO ALLE POLVERI!!”. Un po’ sento la mancanza delle bocche di cannone che fanno fuoco, delle battaglie che si compiono ogni venerdì pomeriggio e che magari fanno sentire qualcuno, se pur nel loro piccolo, Vincitore o Vincitrice.




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