Il mio progetto, ripartire dalla meraviglia

Andrea Mammana

10-11-2009  

Mi chiamo Andrea Mammana, ho trent’anni compiuti il 14 settembre 2009 e sono tossicodipendente; ho iniziato a drogarmi nel 1997 e le sostanze con cui mi intossicavo erano cocaina ed eroina, prima per inalazione e poi per via endovenosa. La mia storia è un po’ complessa e poco felice perché per me la prima volta non è stato con un amico o in compagnia, ma bensì con mio padre, che ormai è morto. Nella fattispecie si trattava di cocaina. Ma per farvi capire meglio come sono arrivato a quanto vi ho detto, devo tornare indietro a quanto sono nato.

Sono nato il 14 settembre 1979 da una coppia di tossicodipendenti. Entrambi usavano cocaina ed eroina per via endovenosa. Durante la nostra infanzia, mia mamma e mio papà sono riusciti a mascherare a me, a mio fratello e a mia sorella ciò che facevano, finché tra i miei genitori c’è stata una brusca rottura il cui motivo posso solo immaginarlo. A quel punto io avevo sui 4 anni; mia mamma se ne andò di casa e da allora, fin quando l'ho rivista nel 1996 in una bara, non seppi più nulla, se non che morì in comunità alla Papa Giovanni XXIII, che aveva un tumore al midollo spinale e che era un’operatrice. Questa cosa mi fece pensare in seguito che io dovevo guarire mio padre.

Ma tornando alla mia infanzia, a 5 anni per la prima volta ho visto mio padre collassato in bagno con una siringa al braccio. In seguito, tramite assistente sociale, fui messo in collegio al Buon Pastore di Milano. In collegio mia nonna veniva a prendere me e mio fratello ogni sabato e ogni domenica e ci riportava a casa, ma mio padre c’era sempre meno perché la sua prima esigenza era la sostanza stupefacente.

Un giorno in collegio ci fu proposto, a me e mio fratello, se volevamo andare in una famiglia affidataria. Era l’estate dell’89 e io dovevo compiere 10 anni. Accettammo, dato che ci mancava l’affetto di due genitori, ma le cose non andarono per me come avrei voluto perché mio padre continuava a intervenire con visite non programmate e con i suoi “amici” tossicodipendenti e conciati proprio male… finché non venne scoperto tutto dai miei genitori affidatari e ci furono delle discussioni poco gradite in casa. Tra le altre cose, dato che andavo ancora a casa di mia nonna per i week-end e mio padre aveva infranto gli accordi con l’assistente sociale, la stessa non ci permise più due giorni, ma bensì uno e in presenza degli stessi genitori affidatari.

Intanto in casa i rapporti andavano peggiorando. A scuola andavo sempre peggio e la decisione di andare a vivere fuori Milano, a Vimercate, fu una cosa che non accettai. Avevo sempre in mente mio padre e non riuscivo a togliermi dalla testa che avevo bisogno di lui. Ma non era quello che pensava lui, visto che iniziò a fare dentro e fuori dal carcere per procurarsi quelle schifezze.

I miei genitori affidatari iniziarono a pressare per il nostro bene me e mio fratello sul fatto che nostro padre era un delinquente e noi avremmo dovuto rifiutarci di vederlo per il nostro bene, perché, in questo modo, lui avrebbe smesso. Ma io non me la sentivo di lasciarlo solo e di nascosto iniziai a saltare giorni di scuola per andare a trovarlo in carcere. Inutile dirlo, scoprirono di nuovo le mie menzogne e il fatto che mia nonna mi copriva dalle mie bugie per farmi vedere mio padre.

Andava sempre peggio; iniziai anche a rubare soldi in casa per il solo gusto di farlo spendendoli in dolci e altre stupidate. Insomma arrivò il giorno in cui morì mia mamma e io fui mandato con mio padre, mio fratello e mia sorella al funerale. Fu lì che feci una promessa a me stesso, ma che non potei mai mantenere “io dovevo salvare mio padre”. Lui nel frattempo aveva scoperto di essere sieropositivo. Ma questa agghiacciante scoperta per lui fu un motivo in più per la sua devastazione che in seguito divenne la mia rovina; era il ’97 quando scappai di casa a Vimercate e il mio papà affidatario aveva incominciato delle visite mediche che lo portarono a scoprire in seguito che aveva un tumore.

Il mio cuore era spaccato in due: da una parte avevo mio papà tossico e sieropositivo e dall’altra mio padre affidatario che stava morendo per un tumore. Per quella stupida promessa fatta sulla tomba di mia mamma andai da mio papà. Iniziai a pippare cocaina per capire cosa si provava, ma la mia devastazione arrivò quando morì nel ’98 mio padre affidatario. Non riuscii neanche ad andare al funerale, mi sentivo sporco, un traditore, perché le sue ultime parole furono: dove è Andrea?

Incominciai di nascosto a usare eroina finché non lo venne a scoprire mio papà ma non fece nulla, era ormai a pezzi per la sua malattia e non credo avesse il coraggio di farmi morali. Era il 15 luglio 1999 quando morì.

Adesso io avevo davanti l’esperienza di mia mamma e mio papà morti entrambi per droga e il dolore incolmabile della perdita di mio padre affidatario con tutti i rimorsi che mi portavo. Volevo morire anch’io, non ne potevo più. Nonostante mia mamma affidataria mi cercasse per farmi tornare a casa, finire la scuola e riprendere in mano la mia vita, io iniziai a bucarmi utilizzando insuline. Nel 2001 sono stato preso per furto per la prima volta e poi, dopo quella in cui mi fu concessa la condizionale, ho avuto altre due condanne, di cui una ai domiciliari. Di comunità ho fatto quasi 3 anni, di cui due da libero, per mia scelta.

Mia mamma è stata sempre vicina a me e lo è tutt’ora che sono qui. Oggi qualcosa è cambiato: non voglio più soffrire. Ho pianto troppo e cercato scuse per drogarmi; la droga mi faceva star bene, mi dava forza e coraggio, ma era tutto così irreale… Per chi mi sta conoscendo adesso posso sembrare stupido perché rido sempre, disegno e scrivo poesie a volte anche un po’ stupide come filastrocche per bambini.

Ma la mia è una scelta, è una rinascita. Io devo ripartire dalla meraviglia e dalla gioia della scoperta. Devo diventare uomo per gradi, senza fretta e, dato che sono in questo carcere, sto cercando di farlo al meglio; per questo ho deciso di utilizzare il gruppo per crescere e spero che questo scritto possa avere detto qualcosa anche a voi.