Immagini del male

Redazione

Verbale dalla riunione del 02-04-2007
 

Aparo: direi di cominciare a occuparci del tema del male con una immagine, la prima che viene in mente.

Loris: Un uomo in doppio petto grigio.

Pasquale: Un bambino ribelle che ne combina di tutti i colori e che viene punito nudo sul balcone.

Pietro: I bambini brasiliani con i piedi legati con il filo di ferro. Le madri glieli legano perché non si sviluppino le gambe, in modo tale che a quattro anni possono essere messi su un carrellino a chiedere la carità.

Maurizio: La figura materna che impedisce al bambino di ricevere l’affetto paterno producendo un male momentaneo che si porterà dentro a vita.

Mirko: Un diavolo a colori, il male potenziale. Ma anche chi dà istruzione e fa male in modo inconsapevole perché istruito a sua volta in un contesto malvagio.

Livia: Da bambina adoravo una sveglia che mi era stata regalata e alla quale ero molto affezionata; in un momento di rabbia l’ho scagliata contro il calorifero e si è rotta.

Enzo: Chi ti tira fuori il male dalle persone per produrre altro male e non per lavorarlo.

Vito: A dieci anni avevo immaginato che quando mio padre sarebbe andato all’estero, io avrei accoltellato la sua compagna.

Silvia: Un tossicodipendente che si prepara la dose. La preparazione del male.

Rossella: Il suicidio del padre.

Alessandra: Un bambino che si sveglia e vede appannato. Una farfalla con le ali tarpate. Una flebo con un liquido rosso fosforescente.

Cinzia: Un quadro nero con uno sfregio rosso. Una donna che piange.

Secondo: Il bullismo. Un’erbaccia che cresce in un prato insieme ai fiori e che pian piano riesce anche lei a fare dei fiori, non tanto belli ma fiori.

Pietro: Un cancro diffuso. La noia. Ciò che non si vede nelle case.

Pasquale: Rompere i punti di riferimento, non crescere, non maturare, non riconoscere gli elementi che mi completano.

Vito: L’indifferenza.

Tirelli: Ero bambina, avevo cinque anni, io ero a letto malata mentre mia sorella, che è molto più grande di me, uscì di casa. Quando tornò mi disse che aveva incontrato un bambino mezzo nudo al freddo e che era dispiaciuta di non essere riuscita a portargli dei vestiti perché se ne era andato.

Era il periodo degli esami di maturità. Con degli amici siamo andati sull’argine del fiume per un aperitivo. Ho visto degli uomini seguiti da dei gattini piccoli, stavo per andare a vedere più da vicino ma un mio amico mi ha detto che li stavano portando al fiume per annegarli.

In India i bambini vengono tolti alle famiglie per costringerli a chiedere l’elemosina. Una volta uno di questi, per farsi dare qualcosa, mi ha fatto vedere quella che a me era sembrata una bruciatura di sigaretta.

L’indifferenza verso la sofferenza.

Aparo: Il nazismo. I campi di concentramento con i corpi gracili, intirizziti, impotenti degli ebrei.

Christian: Mia mamma che se ne va dopo un colloquio, quando io ero in collegio. E il giorno che ho bigiato la scuola e ho rubato il mio primo motorino e sono stato arrestato. Avevo fatto male al proprietario del motorino, a mia madre e a me stesso.

 


 

Da una riunione del reparto femminile:

Manuela: Il diavolo. Il fuoco che avanza velocemente alimentato dall’ossigeno.

Fedua: Il vento che si sposta. Un ago che tocca in profondità. Un’immagine tutta nera con alcuni puntini colorati.

Monica: Hitler. Questo è il male, il diavolo non si sa se esiste. Una forma d’essere.

Kati: Ci vuole un attimo per fare il male e molto tempo per fare il bene. Il papà di mio figlio.

Livia: Dire Sì quando vorresti dire No.

Letizia: Alcune persone che parlano male di altri senza conoscerle. Chi prova sofferenza.

Silvia: Quando qualcuno mi fa un torto penso: “questa te la faccio passare, la prossima la paghi con gli interessi.” Il male è lasciar passare la prima per acquisire potere.

Marilena: L’ignoranza, la non cultura, le mancanze.

Penso a quando ad alcune tribù africane sono stati ridefiniti i confini e si sono uccisi tutti.

Il miglio verde di Stephen King.

Kati: L’estremismo.

Livia: Una persona che pensa di suicidarsi sia per vendicarsi che come soluzione al dolore che prova.