Un luogo scelto da noi


Jacopo

  29-03-2004

Mi s’era chiesto di raccontare quando io mi fossi sentito davvero libero. Ho sentito molti dire che la libertà si sente quando si sprigionano enormi potenziali, quando si attua qualcosa. Insomma, ho sentito legare la libertà all’azione. Libertà di agire, quasi che ci siano degli ostacoli FISICI e che la libertà consista nel fracassarli.

Ora, secondo la mia personale esperienza di libertà, non me la sento di affermare qualcosa del genere. Cinque anni fa, io e mio padre si tornava da Lucca per le strade meno battute: statale costiera fino a Pisa, lungarno fino a Firenze, poi strade secondarie lungo tutto l’Appennino, fino a Luni, quindi una delle molte vie della pianura.
Eravamo chiusi in macchina, io e lui, a parlare, a discutere e ad ascoltare de Andrè (…facce di marinai… da dove venite… dove andate…). Eravamo soli, insieme, e comunicavamo. In assoluta, totale, pace e tranquillità (sfumò quando l’auto ci piantò in asso a trenta chilometri da Pavia, ma l’atmosfera di calma non se ne andò).

Perché mi sentivo libero in quel momento? Non stavo facendo nulla di più che quello che mi veniva naturale, nulla di più che vivere un momento di distacco da tutto il resto. Ero, eravamo isolati dal mondo esterno, liberi da costrizioni. Penso che in quel momento mi dimenticai pure chi fossi, nel senso che non aveva più importanza cosa dicevo e sentivo. Eravamo in perfetta sintonia (pochi padri ho visto esserlo così coi figli, di solito lo stacco tra generazioni basta a creare incomprensione, invece il mio caso è fortunato: io sono un uomo del passato, lui era un uomo del futuro, e ci si incontrava a metà strada), liberi di fare ciò che volevamo. E volevamo parlare.

Il contenuto non era importante, era il gesto, era la forma del dirsi qualcosa, di sentire che fuori di sé c’è qualcosa che è come dentro di sé. Mai mi sono sentito così come nel cuore dei colli toscani in aprile. La libertà non può consistere nel distruggere ciò che ci impedisce di viverla, perché diventerebbe schiavitù. Però abbiamo avuto bisogno di tagliarci via un nostro spazio per la nostra libertà: questo è innegabile. E inoltre: se non fosse stata una persona tanto speciale, sarei stato ugualmente libero?

La realtà è la realtà, il muro è un muro, l’altro è sempre una limitazione per il sé (prova a sederti su una sedia occupata). La prima parte del nostro esserci liberati (essere liberi) è stata appunto quella di non guardare più in cagnesco il muro, l’ostacolo alla nostra libertà, ma di guardare in un luogo scelto da noi.

I muri sono ovunque, fuori intorno e dentro a noi: la domenica mattina, quando vi svegliate senza voler ricordare nel particolare la notte precedente, e restate a crogiolarvi al sole, senza pensare nulla, senza aspettare nulla, completamente dissolti nella luce, nel tepore, nelle coperte sfatte, come vi sentite? Non siamo perfetti, mille impulsi giocano su di noi, mille fili ci tirano, mille forze ci sconquassano.

Anche l’intelletto è schiavitù. La libertà totale dell’intelletto è il trionfo del deliberato arbitrio sull’istinto più naturale, l’istinto alla vita. La libertà dell’intelletto, oltre che pretenziosa ed egoista, è masochista, porta al volersi distruggere, al voler uccidere la bestia che è nell’uomo. È libertà dell’intelletto decidere di tagliarsi i polsi, senza motivo? Decidere che oggi non si pranza, per capriccio. Non dormire, perché mi va così? Dunque serve equilibrio.

Nessuno di noi sperimenta una vera e totale, completa ed eterna libertà, ma possiamo darcela a vicenda, come due fidanzati, ripassandoci attraverso il tempo, comunicando. La verità è in divenire. Fin da bambini tiriamo strattoni al cordone ombelicale per vedere se c’è qualcuno là fuori.

Libertà, come dicevo prima con l’esempio su mio padre, è comunicare (cioè comunicarsi) continuamente, senza pretendere di giungere ad una verità. Se fossimo perfetti non ne avremmo bisogno, ma siamo delle merdacce di esseri umani peccatori, facciamo più cappellate che azioni, siamo scortesi, goffi, volgari, puzziamo, mentiamo, siamo ignoranti e presuntuosi, non abbiamo mai cessato di credere di essere il centro dell’universo.

Ma proprio perché siamo così limitati, così piccoli e fragili e umili, possiamo passare le nostre menti di bocca in bocca, dicendo, toccando, sentendo, capendo e volendoci bene.

Forse sono stato un po’ criptico, quindi torno al mio esempio. Perché io mi sentissi libero concorrevano tre fattori:

Questo è il migliore esempio di libertà che mi sia mai capitato.