Lettera al Presidente

Roberto Cannavò

Carcere di Opera

16-05-2012

Egregio Signor Presidente,

sono Roberto Cannavò, detenuto dal 1993 in espiazione della pena dell’ergastolo. Dal 2003 mi trovo nel carcere di Opera. Conosco tramite i tg e i giornali una buona parte dei propositi delle Autorità sui temi della giustizia e delle carceri. Credo sia utile, nel mio piccolo, informarla sulle attività a mio avviso efficaci e di trasformazione che i detenuti dal passato criminale come il mio, motivati a dare una svolta alla propria vita, dovrebbero poter intraprendere.

Quando sono stato assegnato a quest’istituto, non esistevano corsi di formazione di alcun genere. Per dirla francamente, l’istituto e, di conseguenza, noi detenuti ci trovavamo su un binario morto. La svolta è avvenuta con l’arrivo, nel 2007, dell’attuale direttore Giacinto Siciliano, che con tanta professionalità ha dato un volto concreto e corposo a iniziative di reinserimento: corsi di formazione, concorsi e qualche attività lavorativa collegata all’esterno.

Ho incominciato a frequentare da subito il laboratorio teatrale, di cui a tutt’oggi faccio parte. L’esperienza del teatro ha fatto riemergere quella parte di me che per varie circostanze si era insabbiata tanti anni fa: poter essere utile e ricavare affetto, donare sorrisi e ricevere applausi.

Ho frequentato un corso di comunicazione, grazie al quale gradualmente ho imparato, o meglio, mi sono educato a rispettare l’ascolto e a parlare in modo assertivo, modalità di comunicare per me, fino a quel momento, sconosciuta.

Poi è arrivato il progetto “Sicomoro”, non so se lei ne abbia mai sentito parlare, ma è stata un’esperienza di vita profonda che mi ha permesso di toccare con mano l’umanità di tante persone.

Nel frattempo, avevo avuto la fortuna di assistere alla presentazione del progetto “Gruppo della Trasgressione” costruito e diretto dal Dottor Angelo Aparo. La profondità della presentazione mi intrigò da subito e mi colpì una semplice frase che disse nel suo discorso il dott. Aparo: “Qui siete liberi di gridare, esternare tutto ciò che volete, purché sia di senso compiuto!”.

Mi creda, Signor Presidente, lo stato detentivo (per certi versi dico giustamente) non permette di essere libero di dire ciò che si pensa e si crede, quindi per vari motivi si diventa calcolatori per timor di pena o per speranza di ricompensa. Questo non permette di crescere, ma incanala in una sorta di dittatura dove si comprende che una parola detta da chi ti osserva è legittima, mentre detta dagli osservati (noi detenuti) non solo è illegittima, ma è passibile di ammonizioni o perfino altro.

Per questo motivo, per me essere stato inserito nel Gruppo della Trasgressione è stata una grande opportunità, in quanto credo fermamente che, oltre ad ampliare la mia conoscenza in senso lato, come ho già detto, mi aiuterà ad esprimermi liberamente, così da permettermi di capire e capirmi e di individuare dove e come migliorarmi. L’avere trovato un gruppo di appartenenza, anche se al momento seguo con difficoltà il livello delle discussioni, è motivo di grande crescita.

Ritengo di estrema importanza ciò che fa il dott. Aparo sia per il gruppo sia per la società: gli incontri presso gli istituti scolastici sono un’opportunità per i giovani e non solo. I ragazzi, attraverso le nostre esperienze si rendono conto che la vita è un bene prezioso e basta poco per gettarla via.

Ringraziandola per il tempo dedicatomi, le auguro un buon lavoro e le porgo i miei più cordiali saluti.

Roberto Cannavò