La firma di mio padre

Andrea Mammana

21-01-2010

Ritorno con la memoria a quando mio papà Rolando era in vita e io non ero ancora tossicodipendente. Sono stato con i miei genitori adottivi dall’89, quando fui preso in affidamento, al ’96, quando scappai definitivamente di casa per andare da mio padre biologico.

Come tutti i bambini, esigevo attenzioni da parte dei miei genitori naturali, coccole insomma. In casa dei miei genitori adottivi, invece, rubavo giochi o dolci, ma il desiderio non si colmava, anzi quando venivo scoperto peggiorava per la mortificazione.

Era il 10 ottobre del 1989 quando dal Collegio Buon Pastore passai in affidamento alla famiglia Matteucci, che solo ora riconosco come mio papà e mia mamma.

Dopo due minuti che li avevo visti, ci portarono, me e mio fratello, da Grazzini, un magazzino di giocattoli. Avevo già passato alcune ore con loro quando iniziarono a parlare di scuola e di responsabilità per il mio futuro. Non seguii molto quel discorso perché ero preso a giocare con le nuove pistole laser che ci avevano da poco regalato a me e a Franco e, comunque, accettai la proposta di andare a scuola a iscrivermi il giorno seguente, accompagnato dal mio nuovo papà. La sua risposta fu che mi scompigliò i capelli con la mano; era una carezza e dopo tanto tempo che la bramavo arrivò da una persona che fino ad allora mi era estranea ma che adesso ho nel cuore.

Era la prima volta che prendevo seriamente la scuola, ma ero indietro con il programma, facevo una fatica enorme a leggere e non sapevo le tabelline.

Mio papà e mia mamma affidatari ci portarono a Colico, in campeggio; avevano una bellissima roulotte e passammo un’estate stupenda. Ricevevo molte attenzioni e in più, dato che era visibile la mia fatica negli studi, mio papà escogitò con me e mio fratello una sorta di gioco a premi… e i premi erano delle monete che ci dava ad ogni risposta giusta in materie come la matematica, la geografia e la storia. Era divertente, ci consegnava dei fogli con le domande e la relativa vincita a fianco e noi stavamo ore a cercare le risposte e alla sera con il premio andavamo al baretto del campeggio a comprare il gelato e a giocare a calcetto, tutto come una vera famiglia. In più io avevo un premio extra per ogni pagina che leggevo con lui a voce alta.

Questo è solo un esempio di gratificazione positiva che mio papà mi ha dato ma ce ne sono molte altre, come le vacanze al mare l’anno dopo, piuttosto che i natali passati a Fucecchio dai parenti che mi hanno accolto e amato da subito, coprendomi di regali e affetto, per arrivare poi alle settimane bianche passate in posti meravigliosi, dove ho imparato a sciare.

Insomma, è stato un continuo gratificarmi, finché non ripresi i contatti con il mio padre biologico. Iniziavo a non essere più motivato ed ero confuso..

Dentro me ribolliva la rabbia, cercavo gratificazioni nelle persone sbagliate, finché scappai di casa, rubai di nuovo e cercai compagnie sbagliate, che si avvicinavano al modello di mio padre biologico. Loro non mi rimproveravano e per stare con loro dovevo fare ciò che ho sempre saputo fare, mentire e rubare. Anche così però stavo male, quindi nel ’96 scappai dalla famiglia affidataria per andare a stare con mio padre biologico. Lui, non sapendo rinunciare alla vita che faceva, mi iniziò ad essa e cominciai a usare sostanze.

Solo ora riesco a capire quanto papà Rolando teneva a me, quanto mi volesse bene e proprio una settimana fa mi è arrivata la sua ultima gratificazione, di prima che io scappassi.

Mia mamma, in una lettera, mi ha inviato il mio attestato di operatore odontotecnico e la frequenza all’ultimo anno, il 5°, che è stato l’anno in cui ho abbandonato gli studi.

Sotto c’è la firma dell’unico padre che io abbia mai avuto e che mi ha amato fino a che ha potuto respirare, fino a che nel ’98 un tumore l’ha portato via.

Mi vengono i brividi a vedere quella firma su qualcosa a cui ora riesco a dare la giusta importanza; infatti vorrei riprendere gli studi per ricominciare da dove ho interrotto, per ricominciare a vivere.