Mia madre

Antonio Iannetta

06-10-2008

Mia madre,
l'ho sentita al telefono qualche ora fa. La mia adorabile vecchietta è una donna di 80 anni che ama suo figlio nonostante le sofferenze che egli le ha inferto. Qualche volta inconsapevolmente, altre scientemente, senza per questo averle mai mancato di rispetto. O forse, a ben pensarci, qualche volta sì.
 
Mia madre ha pochi motivi di vanto, ma mi ama incondizionatamente, riesce sempre a sorprendermi con i suoi scritti o le parole con cui mi accoglie al telefono. Fosse per lei le carceri non dovrebbero esistere. Ne ha visitate molte per venirmi a trovare. Dovunque fossi, qualsiasi distanza chilometrica ci separasse, lei era tra le prime ad entrare nella sala. Mi stringeva forte e osservava a lungo per riempirsi gli occhi dell'immagine di questo figlio, sempre carcerato, mai presente ai pochi eventi familiari, sposalizio della sorella, battesimo, comunione e cresime dei figli. Mia madre si è fatta carico anche della crescita di mia figlia, che vive con lei e la chiama mamma.
 
Ora che è impedita dai numerosi acciacchi e suo malgrado non può venirmi a trovare, non mi fa mancare i suoi scritti e la sua presenza costante, fatta di piatti particolari, preparati appositamente per me. Si ricorda dei momenti felici (pochi) trascorsi assieme e vive di quei ricordi.
 
Mia madre non mi ha mai chiesto se avessi commesso o meno i reati di cui ero imputato e non mi ha mai fatto mancare il suo amore. Se raffronto la mia condizione di figlio amato alle tante dei miei compagni rifiutati e abbandonati dai propri cari, mi sento fortunato e pieno di sensi di colpa. Colpa per non avere saputo amare come meritano i miei, colpa per essere stato un padre assente, colpa per essere stato un figlio degenere, colpa per non avere meritato il loro smisurato amore.