Il doppio: rilanci da Bollate

Redazione

Bollate - Verbale del 21-05-2009  

Giuseppe di Paola, una persona che ha contribuito alla nascita
del Gruppo della Trasgressione 16 prima che il gruppo nascesse:

Mi  sento una vittima; vorrei reagire facendo il carnefice;
ma questo non posso e non voglio farlo perché sto crescendo
.

 

 

Decidiamo di leggere lo scritto di A. Tango, “La guerra dei due mondi”. Leggono e interpretano il dialogo: Giovanni Crisiglione nella parte di “T” e Enzo Martino nella parte di “M”.

Iniziano i commenti.

 

CURZIO: Il protagonista è uno, sta parlando tra sé e sé. C’è un conflitto: qualcuno, il cattivo, si è preso in passato troppo spazio; qualcun altro, il buono, capisce che è il momento di manifestarsi. Lo scritto rappresenta il conflitto interiore di una persona. A me pare che qui si voglia mettere a tacere la parte superba, forte. Ma io non sono d’accordo. Io voglio mostrare la mia parte virile, non voglio reprimerla. Non è giusto liberarsi di una parte che mi ha sostenuto nei momenti più difficili; non mi sento di discriminarla. Io non sento questo conflitto dentro di me. Su questo tema ho scritto una poesia, che è stata pubblicata su “CarteBollate”. Ve la leggo.

CHI SEI?
Chi sei? Qui non puoi passare
Mostra il tuo viso e fierezza di sguardo
Non c’è posto per pensieri piccini
E se il labbro trema ancora non dici il vero

E fai torto ad entrambi

Io sono metallo e candore
La lingua sobbalza non per menzogna
Ma desiderio di danza coi compagni di gioco
Ma se rimani solo perché saldo di piede
Nessuno ti scarta

Sei parte del cuore

Quando parliamo assieme cerco di rivedermi nelle parole che sento, è come se una parte di me si alzasse e si guardasse da fuori. Quale parte di me vuole parlare? Desidero anche che la parte fragile si esprima. Nella poesia dico: non ti sto calpestando, sei sempre nel mio cuore.

 

CHIARA: Non sono d’accordo con quanto dice Curzio. Antonio Tango, secondo me, non vuole disconoscere la parte arrogante e strafottente che lo ha portato a sbagliare. Intende piuttosto conciliarla con quella razionale e responsabile. Il momento della riflessione con se stessi (quando la parte fragile si sveglia e vuole fare i conti con quella arrabbiata) è un momento difficile e pressante; in questo caso premono con forza due voci invece che una (come nei momenti in cui si era sentita l’urgenza di ricorrere alla forza distruttiva). Ti senti a pezzi, disorientato, ma inizi a vedere le cose sotto una luce nuova che ti fa sperare in un domani diverso.

 

LIVIA: Nello scritto, la parte che chiede ascolto corrisponde alla parte che desidera, mentre quella che si oppone è la parte che ha paura e che calpesta l’altra. Qui Antonio ricorda me stessa e i miei conflitti interiori (mangio/non-mangio; parlo/non-parlo; faccio/non-faccio).

 

TONI: Questo dialogo rispecchia quello che avviene tra me e la mia coscienza nei momenti di solitudine, quando sono disteso sul letto. Nel passato, accadeva che queste due parti litigavano fra loro, rimanendo perciò slegate, come se appartenessero a due persone differenti. Un po’ come nella favola di Pinocchio, in cui la coscienza è incarnata dal grillo che è un personaggio altro e diverso dal bambino di legno. Oggi, invece, sono diventato consapevole della mia coscienza, che trovo dentro di me e non più fuori di me.

 

CHRISTIAN: A dir la verità, questo testo non mi ispira nulla. Mi piace però l’immagine di Toni, che mi fa venire in mente quello che un giorno mi disse un educatore: “La tua coscienza è come la rete di un pescatore: tutto quello che fai filtra; ciò che rimane sono soltanto i grossi massi,  le azioni pesantemente distruttive. Col tempo le maglie della rete si allargano e smetti di dialogare con la tua coscienza. Bisognerebbe trattenere tutto di quello che una persona fa per poter considerare anche le cose belle”. Ad ogni modo, chi ha scritto questo dialogo è sicuramente una persona che ha lavorato e sta lavorando molto su di sé.

 

LEO: Io sono d’accordo con quanto ha detto Curzio. Non mi sento infatti di rinnegare la mia parte peggiore. Ho sempre sentito che quello che facevo lo facevo per sopravvivere. Quando infrangevo la legge era come se non me ne accorgessi. Oggi sono qui a riflettere. Sento che non arriverei più a rompere le regole, ma non mi sento di dire che ho sbagliato tutto, di fatto la parte peggiore è quella che più mi ha aiutato a sopravvivere.

Non ho mai trovato qualcuno che mi dicesse qual era la strada giusta, cosa era giusto e cosa era sbagliato, l’ho capito a spese mie. Anche la società in cui vivo mi ha sempre dato gli esempi sbagliati, ad esempio, il giudice mi dice di non rubare, ma sappiamo che molti giudici si lasciano corrompere. Il giudice che mi dice di non rubare e quello che ruba sono persone diverse, ma per me in passato i giudici avevano tutti un solo compito. Il conflitto su quanto spazio dare alla parte che ragiona o a quella che va per le spicce lo può avere uno qualunque, non chi ha una funzione così importante. Quando penso a questi esempi vado il tilt. Oggi sento di essere un padre che, per quello che può, contribuisce a far crescere i suoi figli.

 

ADRIANO: Mi colpiscono gli interventi di Curzio e di Leo. A me pare che non vogliano accettare il conflitto tra queste due parti. Il conflitto non per forza deve essere distruttivo. Qui si parla di un conflitto costruttivo, di un conflitto propositivo. Le due parti sono in conflitto perché sentono che c'è qualcosa che non va: perché allora rifiutare questo conflitto, se porta al progetto di collaborare insieme nella crescita di un figlio?

Nello scritto non viene proposto il rifiuto di una parte che non serve più. La parte positiva vuole stringere un’alleanza con quella negativa, non vuole rifiutarla o eliminarla. La nostra parte buona fa una richiesta d’aiuto a quella cattiva, per trasformare la sua arroganza in forza operativa. E’ un dialogo che appartiene a tutti. Io mi riconosco molto in questo conflitto: in me abita una parte che si sente spesso fallita, sfiduciata, insieme a una parte che desidera, che ha fiducia. E io sto cercando di creare una vera alleanza tra queste due parti.

 

COSMA: Lo scritto a me non evoca il doppio che ci può essere all’interno di una stessa persona. Io dico che bisogna saper accettare che una parte di noi è fallita, e basta. In passato il conflitto non c’era. Prima ascoltavo le voci di quest’altra vita da lontano, come se non mi riguardassero, ora le sento meno distanti e ho voglia di dire anch’io la mia.

 

IVAN: Anche secondo me qui non c’è nessun conflitto. Si tratta di una riflessione che fanno tutti con la propria coscienza, senza per questo doversi sentire in conflitto con se stessi.

 

MICHELE: Nemmeno io vedo il doppio. E’ una riflessione. A letto penso che non posso tornare indietro, ma non posso nemmeno fare ciò che non mi piace fare. So che quando uscirò difficilmente la mia testa sarà diversa.

 

VINCENZO: Lo scritto esprime un messaggio: il forte e il debole si sono trovati nella stessa stanza e, confrontando le opinioni, hanno capito che uno era un pirla e l’altro pure! Chi scrive non ha dato ascolto a se stesso. Questo dialogo porta alla consapevolezza che entrambe le parti si trovano nella stessa “minestra”: una, però, in virtù della sua presunzione e arroganza, si è convinta che è forte e che questa situazione va bene; l’altra, cioè la parte debole, vuole uscire da queste condizioni e seguire una diversa direzione, quella giusta.

 

TIZIANA: Mi è piaciuto molto quello che ha detto Adriano. Anche in me ci sono due parti in conflitto, anzi, a volte sento di averne molte, che tra di loro vogliono fare tutte cose diverse. Il mio obiettivo, allora, diventa quello di farle convivere. Non voglio dare ragione a una piuttosto che ad un’altra, né ritenere migliore una e peggiore un’altra. Voglio stringere un’alleanza fra queste parti, così che io possa stare bene con me stessa. Non per sentirmi migliore, bensì per riuscire a fare le cose che effettivamente mi rappresentano e mi fanno stare bene.

 

ENZO: E’ uno scritto stimolante. Si sente che Antonio ha fatto una ricerca dentro di sé per poterlo scrivere. Io prima di finire in carcere non pensavo all’altra mia parte o non ricordo di averci pensato. E’ vero però che anche oggi devo essere stimolato per riflettere su quest’altro lato di me stesso, quello che non corrisponde all’istinto violento e alla rabbia. Ho sperimentato che il progetto (quello di diventare un padre responsabile per i miei figli) è più conveniente della violenza che ho esercitato nel passato. D’altra parte, riconosco che la mia natura è diversa da quella moderata e razionale. Quando mi trattengo dal reagire contro gesti e atteggiamenti poco rispettosi della mia persona (ad esempio, quelli che subisco quando esco in articolo 21), sento che reprimo il mio vero istinto, e per questo sto male e soffro.

 

LIVIA e CHIARA notano che Enzo è se stesso, e dunque la sua natura, anche quando si reprime, vive nel progetto e gode dei suoi risultati. La rabbia che prova quando viene umiliato e l’impulso a reagire vanno considerati come una reazione normale e non una violazione della sua parte più vera. E’ giusto che l’uomo non soffochi i suoi sentimenti ma impari ad amministrarli, come di fatto è accaduto ad Enzo. Progettare e tenere conto delle relazioni sono aspetti della vera natura di un essere umano, tanto quanto è vero il suo impulso a reagire.

 

GIANNI: Mi rivedo molto nello scritto. Io parlo più con me stesso che con gli altri. Nel passato, avevo chiesto io alla mia parte negativa di schiacciare la mia parte fragile. Oggi, invece, voglio cercare di fondere la mia forza con la mia fragilità.

 

PASQUALE: Anch’io mi vedo in questo scritto. Non vedo una divisione netta tra il bene e il male; si tratta di una ricerca di nuove prospettive. Prima vivevo con una sola prospettiva che non mi ha permesso di accorgermi della ricchezza che mi circonda, di valorizzarla e di poterne godere. Non mi ponevo domande. Poi mi sono chiesto: ma è possibile che la vita sia solo questo? Oggi, non mi accorgo di essere in conflitto con me stesso, cerco di sfruttare la mia energia per farle fare cose diverse. Per il momento, dico queste cose mosso dalla curiosità e dall’interesse; poi verificherò se verrò gratificato o meno.

Oggi mi rendo conto che il piacere non è dato solo dalle cose materiali, ma ad esempio anche dalla gioia di andare con la propria famiglia a fare una gita al mare. Queste, che sembrano piccole cose, un tempo non me le godevo, non le valorizzavo. Non voglio fare il buono, è solo che arriva un momento nella vita in cui fai un bilancio e capisci che vuoi vedere cose diverse rispetto a quelle già viste.

 

LEO: Mi piace ripensare alle parole di Enzo e di Pasquale. Anch’io oggi voglio godermi quelle esperienze che nel passato mi sono precluso. Penso al diavoletto e all’angioletto. Prima il diavoletto diceva all’angioletto: vieni con me che ti dico cosa fare. Ora accade il viceversa. Senza rinnegare niente e nessuno. Anche la parte peggiore vuole fare cose buone: so che non posso recuperare il passato, ma non voglio perdermi il futuro.

 

LIVIA: La parte che qualcuno –senza farsi sentire da tutti- ha chiamato “selvaggia”, nella mia esperienza, è la parte di me che ha provato molta rabbia perché si è sentita tradita, non ascoltata, non accudita. Questa parte, per sentire di avere forza, ha soffocato l’altra e non le ha permesso di crescere, tanto che ho progressivamente smesso di sentire la sua voce.

Enzo ha rappresentato per parecchi anni il mio doppio: quando credevo di essere solo la parte arrabbiata che si ribellava stando in silenzio, lui ha dato voce all’altra mia parte. L’alleanza con lui mi ha permesso di tornare a sentire quella voce, che era una parte di me che mi mancava.

 

TONI: Quando parlo di “coscienza” non intendo una voce che dice ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Questo “parlare con me stesso” è piuttosto qualcosa che mi fa crescere, per questo non voglio smettere di farlo; non significa “cantarsela” per quello che facevo con la cocaina. Parlare con me stesso significa cercare di avere più alternative tra cui scegliere.

Quando sento parlare Enzo, vedo che lui è riuscito a costruirsi una strada. Le esperienze che ha fatto lo hanno reso capace di controllare le emozioni che possono nascere in certe situazioni, come quando esce in art. 21, e a cui magari in passato avrebbe reagito diversamente, in modo istintivo e distruttivo. Penso allora a me stesso nel momento in cui mi troverò a vivere una situazione simile a quella di Enzo, spero che quella vocina che mi parla sia ben presente in quei momenti e mi aiuti a gestire le mie emozioni e le mie reazioni.

 

VINCENZO: Se avessi preso coscienza del boccone amaro, forse mi sarei accontentato della libertà che avevo.

 

MICHELE: Il tema del doppio richiama la doppia personalità e le contrastanti intenzioni di una persona. Inoltre, tutto questo ha a che fare con la questione delle emozioni. Tante volte, io mi sono sentito spaccato a metà: desideravo frequentare persone “regolari” divertendomi insieme a loro; ma, d’altra parte, non potevo portare avanti questo legame perché avrebbe voluto dire stare dalla loro parte, quella della legge, e tradire i miei compagni.

 

COSMA: Per me il doppio non è un problema che riguarda chi ha fatto la nostra vita. Io commettevo reati in alcuni momenti e frequentavo persone regolari e la mia stessa famiglia in altri momenti. Per ogni momento c’è una sola persona che parla con se stessa. Chi commette reati non si comporta allo stesso modo 24h su 24. E’ piuttosto un camaleonte, che è sempre se stesso, anche se cambia colore a seconda delle esigenze e delle circostanze. Il doppio lo vedo piuttosto nel progetto, quando la persona decide di portare avanti queste diverse esigenze nella stessa vita e non in vite separate. 

 

PASQUALE: Ora vivo meglio, non marcisco più dentro. Un tempo di fronte a un problema facevo una semplice operazione: eliminavo dalla vista il problema. La cosa più importante è fare lavorare insieme le due energie. Un tempo per me non esisteva l’umanità, in fondo non esisteva nemmeno la mia famiglia. Oggi, durante il mio viaggio insieme al gruppo, le relazioni sono diventare delle risorse.

 

CURZIO: Enzo in carcere si è conosciuto per le cose belle che è riuscito a fare. Poi gli si è ripresentata la questione della libertà e si è posto una domanda: posso reagire come quando avevo 15 anni? Cosa accadrebbe se lo facessi? Se mangi dopo esserti fatto le canne credi che i cibi abbiamo un certo sapore, ma se mangi senza l’effetto delle canne, senti che l’intensità del gusto è tutta un’altra cosa. L’intensità della vita la puoi raggiungere in modi diversi: se mangi o fai le cose da ubriaco, ti inebria il sapore dell’eccesso; se sei sobrio, ti lasci prendere dal gusto intimo delle cose.