da Conchita Sannino

 

Annalisa, la madre e noi

estratto da un'intervista alla madre

02-04-2004  

L'ultima sua immagine che ho nella testa? Sabato, un'ora prima che mi distruggessero tutto. Annalisa scendeva questa piccola scala a chiocciola che porta alla sua cameretta, guardi, questi gradini stretti e circolari che a me fanno girare la testa ogni volta: lei li faceva in un attimo, anche con i tacchi.

S'era vestita di tutto punto, ha presente una quattordicenne quando vuole sembrare più grande? Era appena stata dal parrucchiere, pronta per uscire, mi ha promesso che sarebbe rimasta qui sotto, con le amiche. "Come sto, mamma?" Me la sono guardata con orgoglio, soffermandomi sui particolari; cose che un genitore spesso non nota. È sempre stata solare, Annalisa: non si è mai messa paura della vita, correva, rideva. Quella sera aveva i jeans larghi a vita bassa, le scarpe con la punta dorata, un top con inserti d'argento.


L'ho presa in giro: "Ti devo sorvegliare, signorina. Ti stai facendo troppo bella. Ora che diventi più grande, questi del vicolo ti rubano". Me la sono abbracciata, devo averle detto qualcosa sui capelli, ricordo che glieli ho toccati, accarezzati. "Come ti sta bene questo taglio, Annalisa".

È stata l'ultima volta che l'ho avuta per me. Quei capelli, un'ora dopo, erano pieni di sangue. Dopo, l'ho vista distesa in mezzo alla strada, mi sono affacciata dalla mia finestra richiamata da tante grida. Mi dicono che intorno al suo corpo c'era una folla enorme, tutta Forcella. Ma io tutti gli altri non li ricordo, io c'ho davanti agli occhi solo lei, i suoi capelli lunghi belli di Barbie sopra il basolato di via Vicaria Vecchia.