Abusi e punizioni

Angelo Aparo

28-04-2011  

Cari scout e responsabili del recente workshop,

leggo le vostre mail e il vostro desiderio di contribuire a un mondo un po’ più ospitale e credibile di come lo avete trovato. Io pratico lo stesso sport, anche se solo per gioco e per il piacere dell'esplorazione.

Ciò detto, dopo la domenica mattina in cui ci siamo visti con i tre detenuti e in cui abbiamo ascoltato il racconto confuso di Massimiliano Santoro, ho ritenuto opportuno tornare sul suo racconto qualche giorno dopo al Gruppo della Trasgressione al quale partecipa Santoro, cioè il gruppo del carcere di Bollate.

In quella occasione, Santoro è riuscito a raccontare in modo un po’ più credibile l’accaduto ed è stato decisamente interessante e coinvolgente constatare come 14 dei 18 detenuti presenti abbiano criticato in modo molto costruttivo quanto egli aveva raccontato e, soprattutto, il modo in cui lo aveva raccontato.

In sintesi, gli è stato detto che lui non coglieva le sue stesse responsabilità e che solo riflettendo su quelle egli avrebbe potuto capire meglio il senso dell’accaduto, della condanna e, infine, rivolgersi costruttivamente al futuro.

Da parte mia, ho fatto in modo che al gruppo se ne parlasse perché volevo fargli una specie di regalo.

Un regalo perché, nonostante lo squinternato e irritante racconto, egli si era preso la briga di provare a tornare sul passato in presenza di altre persone. Orbene, quando si racconta qualcosa ad altre persone è quasi automatico che gli altri commentino e dai commenti, se ci sono le condizioni adatte (onestà e metodo), nasce un accrescimento della coscienza.

Un regalo dunque, perché, pur se dietro la maschera del narcisismo e con l’abbigliamento da cow boy, il signor Santoro ha cercato di vivere insieme ad altri il ricordo (artefatto!) della sua esperienza.

Prima di salutarvi, desidero aggiungere che quasi sempre colui che abusa si sente una vittima, prima che un abusante. Questo è un dato di fatto! Chi abusa si presenta come vittima non solo per non pagare il dazio, ma anche perché si sente per davvero una vittima.

Quante volte succede che noi, dopo avere sbagliato verso qualcuno, crediamo realmente di essere gli unici responsabili? Di solito, non accade a noi tutti di ritenere che abbiamo una quota di ragione pur avendo sbagliato?

L’unica punizione che ci riesce di accettare è quella che ci viene data congiuntamente ad una buona dose di amore e ad una credibile determinazione da parte di chi ci punisce a farci farci crescere. E questo non è ciò che succede né in tribunale né in carcere.

Provate a leggere come riassume la propria esperienza il signore che ha causato la morte del tassista che aveva ucciso il cane e provate poi a leggere il verbale in cui Sofia ha riassunto i commenti del gruppo…