Il motorino

Massimiliano De Andreis

 

26-02-2012

Tanto carcere, spesso lontano da casa, senza molti colloqui o telefonate, isola dal mondo. Questa volta, per la prima volta, io ho avuto la bella sorpresa di potere avere colloqui con mia sorella (che è a sua volta in carcere, ma per fortuna nello stesso dove sono io) e poi è arrivato il Gruppo della Trasgressione. Così per me il solito estraniarmi da tutto e tutti non funziona più.

Con il carcere ho sempre soffocato certe emozioni. Diciamo che, non avendo il coraggio di vivere i sentimenti che avrei potuto vivere, preferisco stare in galera, così non ho la possibilità nemmeno di sospettare che esistano. Basti pensare che fuori, dopo pochi giorni dall'uscita dal carcere, ho l’usanza di preparare la borsa con i vestiti per un eventuale, anzi sicuro, arresto. In mezzo a tutto questo la libertà, gioie corte e velocità, ma mi raccomando, lucidità zero! Per me non esiste la parola domani, ogni giorno è uguale, e sempre a mille, se no, non vale.

So che quelle sbarre mi proteggono da me stesso, tengono a bada il mio cuore perché è grazie alle sbarre che ho la possibilità di non sentire. Grazie alle sbarre posso manovrare con facilità e senza pensieri il timone della mia vita. Questo è ciò che sono, questa è la parte che ho giocato: ho messo me stesso innanzi a tutto, sia nel godere che nel soffrire, facendo del male e dimenticandomi di me stesso.

Mi sento come un motorino a cui è stato fatto male il rodaggio, questa è l’unica attenuante che mi concedo.