La mia parte e gli attori di casa mia

Genti Mullah Arben

 

26-02-2012

Mi chiamo Genti e vengo dall’Albania. Sono cresciuto in una famiglia abbastanza grande, sei figli, mio padre, mia madre e mia nonna. La mia famiglia assomigliava a una gerarchia, in cui il fratello o la sorella più grande doveva prestare attenzione a quello più piccolo. La mia casa era come un palcoscenico, dove ognuno sapeva interpretare, perfetto, il suo ruolo.

Mia mamma lavorava tutto il giorno e per tutta la notte si occupava di preparare il pranzo per il giorno dopo. Lavorava a maglia e riparava i nostri vestiti, che non venivano mai buttati ma si passavano mano a mano al fratello o alla sorella più piccola. Non so come facesse, mi crediate o no, io non l’ho vista mai dormire, sembrava che volesse fermare il tempo per finire tutti i lavori del mondo.

Tante volte, quando tutti si mettevano a tavola per mangiare, io mi sedevo vicino a mio padre. Lui sempre mi passava un pezzo di carne dal suo piatto e io me lo mangiavo. In quei tempi la carne non si vedeva spesso dalle mie parti, ma io ero troppo piccolo per capire che quello che facevo non era giusto, fino a quando mia sorella, quella un po’ più grande di me, quella che mi prestava attenzione, mi disse che non dovevo accettare più la carne che mio padre mi dava e mi spiegò che lui lavorava tanto e aveva bisogno di mangiare. Da quel giorno stavo attento a quello che mi disse mia sorella, mi mettevo al tavolo lontano da mio padre, ma mio papà non perdeva mai il vizio, si alzava, prendeva un pezzo di carne dal suo piatto e lo appoggiava sul mio.

Ho capito che non eravamo ricchi e gli avvenimenti storici che attraversavano il mio paese erano i peggiori, ma mio papà era un grande lavoratore, faceva lavori grossi, si spezzava la schiena più di 14 ore al giorno e non gli importava, lo faceva per renderci felici. Era il mio eroe. Desideravo tanto diventare come lui, ma non volevo fare la sua vita.

Da quel giorno non ho mai smesso di sognare una vita a modo mio. Così cominciai un viaggio scalando montagne per giorni e notti, camminai a lungo con i piedi scalzi nei sentieri ghiacciati da un inverno senza fine, ma era tutto inutile, i miei sogni erano irrealizzabili.

Le mie rabbie e le mie paure trasformavano i miei sogni in ambizioni, perciò non ho progettato più il futuro, andavo con l’immaginazione oltre il limite del possibile, fino a quando i miei desideri si spostarono su qualsiasi mezzo utile per raggiungere il mio momento di gloria e successo. Per avere tutto questo c’è solo una strada, quella che viene evitata dalla massa, quella che ti permette di arrivate subito e prendere tutto.

Pensai che la gente avesse paura di attraversare quella strada, ma mi sbagliavo; purtroppo è arrivata l’esperienza a smentirmi. Ho capito che il loro senso morale era più forte della paura, ho capito che ero io sottomesso alla paura e non loro, ho capito anche che l’ambizione deve essere in proporzione con i nostri limiti, ho capito che ho sprecato tante occasioni e che oggi mi trovo emarginato in me stesso, in attesa di trovare un rimedio, mentre cerco di costruire un futuro incerto con le certezze del passato.

Ho capito soprattutto che gli obiettivi di mio padre e mia madre non andavano oltre a quello di fare i genitori. Loro erano dei veri attori e io oggi cerco di fare mio il principio che in questa vita siamo tutti attori a cui è stato affidato un ruolo preciso, da interpretare bene a prescindere dal fatto che la parte sia breve o lunga.