Uno sterile esilio

Marcello Iannacci

 

09-02-2012

Con l’aiuto del Gruppo della Trasgressione, oggi credo di poter spiegare il perché della recidiva da parte del ballerino che interpreta la morte del cigno, ma anche della maggior parte delle persone che commettono reati, che siano spacciatori, rapinatori o altro.

Assodato che se una persona commette un reato ne è per primo il diretto responsabile, una volta valutate le motivazioni e i perché, il lavoro principale delle istituzioni è da compiere all’interno degli istituti di pena.

La cosa più importante è che il reo, finita la pena, non può e non deve essere sbattuto fuori dal carcere come se il problema fosse stato risolto. E’ questo l’errore. Con un pizzico di presunzione mi sento di poter dire che in questo gruppo è stato individuato un metodo per rapportarsi e sfruttare le potenzialità di un detenuto e, cosa più importante, il lavoro deve continuare fuori.

Se il detenuto, nel periodo trascorso in carcere, non fa altro che lasciar passare il tempo della sua pena senza lavorarci sopra, il seguito è scontato. Cioè sarà come quello del ballerino della morte del cigno, tenuto in esilio dalle scene senza nessuno che gli facesse capire quanto arrogante, sordo, ingannatore era stato. Se nessuno negli anni dell'esilio coltiva la sua vitalità, il finale sarà sempre uguale, la recidiva.

Allo spettacolo successivo tornerà a stravolgere la scena e, come il ballerino, il detenuto sarà qui, dietro alle sbarre, a dirvi che siamo tutti responsabili, io ad aver commesso ancora un reato e lo Stato perché non ha fatto nulla per far sì che questo non accadesse.