Il cigno regista

Marcello Iannacci

 

29-10-2011

Penso a un emarginato, non necessariamente un barbone, un drogato o un delinquente. Parlo di chi non si sente apprezzato per ciò che è o per ciò che vorrebbe essere.

Quindi quando gli viene dato spazio, lui intende rimanere protagonista il più possibile. Per questo nulla lo fa cedere: fischi, botte, insulti. Lui continua e fa in modo che il cigno non muoia, perché morendo calerebbe il sipario e per lui sarebbe il ritorno nell'emarginazione.

Io ammiro questo tipo di persona perché lui ha voglia di essere protagonista in questo mondo. Vuole dire a tutti: “io ci sono, bello o brutto, capace o incapace che sia, io ci sono e voglio essere partecipe in qualche modo”.

Per imparare c'è sempre tempo. Meglio esserci che stare dietro le quinte, non partecipare a nulla e rimanere nel nulla.

Per questo, quando l'attore viene riconosciuto nell'altro spettacolo, quando dovrebbe morire un'altra volta, lui è contento, ritorna a fare il protagonista e a stravolgere il finale… anche perché non vuole una fine.

Chiunque, se ha davvero voglia, può cambiare le cose e così sentirsi parte attiva dello spettacolo. Nella vita siamo tutti attori, ma solo chi è regista diventa veramente protagonista.