17 anni

 

Ivano Moccia

10-11-2009
 

Sono cresciuto in un quartiere molto piccolo dove regnava l’omertà e la delinquenza. Quando avevo 13 anni mio padre decise con mia madre di trasferirsi in un quartiere molto grande e dispersivo. Lì non conoscevo nessuno. Frequentavo una nuova scuola e nuovi compagni e mi accorsi che, arrivando da un quartiere particolare, con gli studi ero molto indietro rispetto ai miei coetanei.

L’unico modo che avevo imparato per comunicare era la forza fisica e così iniziavano piccoli scontri con i miei nuovi compagni. Tutti a scuola parlavano di me con paura e così feci le mie prime amicizie.

Ricordo che indossavamo dei giubbotti di pelle e, senza nemmeno dircelo, avevamo creato un nostro gruppetto. Per sentirci alla moda rompevamo gli stemmi della Mercedes e li indossavamo sulla spalla della giacca. Iniziammo a frequentare il centro commerciale della zona, cercavamo con gli sguardi lo scontro con altri ragazzi più grandi di noi per sentirci più grandi e apprezzati.

A un certo punto mi allontanai dai miei coetanei per frequentare ragazzi più grandi di me anche di 10 anni, iniziai a frequentare un gruppo chiamato “Skined”, con i capelli rasati, anfibi e come giubbotto portavamo i bomber. La caratteristica era quella di picchiare altre persone, specialmente quelle con i capelli colorati i famosi leoncavallini “pancabbestia”. Ricordo che con me portavo sempre un tirapugni di ferro, mi sentivo più sicuro data la mia età, ero molto giovane e già bevevo birra, ma solo per essere accettato dalla compagnia che frequentavo. Se mi tiravo indietro da una rissa, mi catalogavano come una persona che ha paura e non degna di stare sul gruppo.

Lasciai questo gruppo, iniziai a frequentare persone sempre più grandi di me, ma con altre caratteristiche, giubbotti di pelle e vestiti firmati per così far colpo sulle ragazze. Avevo 16/17 anni, iniziai ad avere relazioni con ragazze più grandi di me e per sentirmi più grande iniziai a rubare macchine per portare con me soprattutto la ragazza; iniziai a commettere reati per andare in discoteca e per avere soldi in tasca quando uscivo con le donne.

Solo oggi mi rendo conto che fare il bullo era la pedana di lancio nella vita di illegalità, commettendo gradualmente reati sempre più pesanti. Oggi mi trovo a fare i conti con il mio passato e tirando le somme: sono cresciuto all’interno di istituti penitenziari sin da quando avevo 17 anni, bruciando la mia vita da adolescente che nessuno mi può più ridare.