Quadri sull'autorità

Redazione

02-12-2005  

Il gruppo della trasgressione si prefigge di esplorare con i docenti e gli studenti di alcuni corsi della facoltà di giurisprudenza aspetti e dinamiche del rapporto con l’autorità che possano aiutare a comprendere:

L’incontro è stato concepito anche come stimolo ad interrogarsi sulle condizioni e sulle dinamiche affettive che possono favorire l’evoluzione del rapporto con la norma e con i suoi rappresentanti.

 

Immagina di avere davanti un quadro che rappresenta l’autorità. Cosa vi è raffigurato?

Raffaele: una donna con la bilancia e la spada; nel mezzo una corte di avvocati che parlano; sullo sfondo i parenti.

Pasquale: il quadro del Goya “Il titano”.

Marta: La prima immagine è una tela nera. La seconda è un uomo in divisa che tiene in una mano una spada ben piantata per terra alla quale si appoggia, nell’altra il cuore.

Cinzia: un uomo in divisa che mi richiama all’ordine. Mio padre aveva la divisa, quindi credo che l’autorità per me sia rappresentata contemporaneamente dalla divisa e da chi mi ha dato un’educazione.

Francesca: la foto di mio nonno che era maresciallo dei carabinieri; era molto rigoroso in caserma e portava questo suo rigore anche a casa.

Mario: vedo un tavolo con due persone, una più giovane e una più anziana. Il primo ha appena rovesciato il piatto di minestra, il secondo arrabbiato batte un pugno sulla tavola, ma ha già preso il mestolo con l’altra mano e l’ha già immerso nella pentola piena.

Armando: un bue che rincorre un topo, non so se per farselo o per schiacciarlo (in realtà alla fine ha detto che il bue ricopre il topo di cacca, la cosa più brutta e disgustosa che ha).

Aparo: mio padre.

Enzo: un padre che, col suo comportamento, impone ai figli di fare scelte sbagliate.

Gabriele Rossi: un quadro bianco con appoggiato un pennello; è ancora un’autorità da costruire.

Ruggero: io in quanto giudice di me stesso. Poi, dopo il quadro della Tirelli, ha aggiunto Salomone.

Vittorio: un orologio con le lancette che girano nella direzione giusta scandendo sempre lo stesso tempo. Va seguita la sua direzione!

Christian: non ho un quadro.

Tirelli: Mosè con le tavole della legge.

Stefania: un signore ben piazzato, con le gambe larghe e le mani sui i fianchi, e una micro-persona che pian piano cresce e gli si contrappone.

Dimitar: avete presente “Il cenacolo” di Leonardo? Ecco, mi immagino le persone più disparate per ceto sociale, razza, età e sesso sedute intorno ad un tavolo che discutono.

Vito: in fondo un mondo piccolino, da questo parte un tunnel che viene in avanti e in primo piano ci sono tante celle di dimensioni diverse. Chi sbaglia viene cacciato dal mondo, deve percorrere il tunnel ed essere rinchiuso in una cella.

Cosimo: una scogliera e la luna.

Maria Cristina, con uno scritto successivo alla riunione…

In prma battuta, se chiudo gli occhi, vedo un temporale. Non so di preciso perchè il temporale, forse perchè impone la sua essenza di "forza della natura". Inappellabile. È un'autorità che affascina e seduce, fa stare con gli occhi sbarrati e curiosi se la ammiri, oppure con gli occhi chiusi e le mani a chiudere le orecchie se la patisci. Non ha bisogno del riconoscimento dell'uomo per esistere, semplicemente è. È, in un certo senso, un'autorità perfetta.

In modo razionale, invece, senza chiudere gli occhi, vedo l'autorità come un giudice, in un aula solenne e vuota, in presenza di un solo uomo già condannato. Questo giudice non è il portavoce della parola Justitia che campeggia imperiosa nelle aule dei nostri tribunali, è piuttosto simile al giudice nano di De Andrè, nano non solo nella sua statura ma anche nell’animo: vuole possedere l'autorità per esercitarla senza regole, per mascherare il proprio esistenziale senso di inadeguatezza. Il condannato del quadro non ha garanzie, nessuno lo difenderà, nessuno testimonierà la sua condanna.

Esiste però l’"autorità interna", propria di ognuno di noi, che è molto forte e, a volte, molto più spietata di qualsiasi giudice nano.