Il viaggio

Enzo Martino e Aldo Rotolo

13-03-2004  
Non avevo mai visto nessuno
con tanta ansia negli occhi
fissare un pezzetto d’azzurro
che i prigionieri chiamano cielo

(O. Wilde)

L’aereo è pronto, i motori sono al massimo dei giri. I passeggeri sono allegri, nelle loro voci impazienza e felicità per l’imminente vacanza. Tutti aspettano il decollo. Nella fila n° 16, quella a due posti, due uomini seduti uno accanto all’altro, diversi tra loro, cominciano a studiarsi per tentare un primo approccio.

Uno osserva l’altro: questo è sicuramente un dirigente d’azienda con disponibilità di denaro, sicuro di sé, a giudicare dai giornali che legge sicuramente un progressista, vediamo di capire in cosa può essermi utile, mi sorride, credo di essergli simpatico.

Le hostess passeggiano nervose.

L’altro lo guarda e pensa: questo faccione, devo capire se porta soldi, sarà sicuramente meridionale, l’accento è quello calabrese, l’aspetto è rassicurante, certo è molto robusto, ma io ne ho imbrogliati anche di più grossi, da dove parto per attaccare discorso? Il giornale mi darà lo spunto, sono o non sono un truffatore?

L’aereo è già tra le nuvole, dov’è diretto signore? Esordisce il manager. Sicuramente nello stesso luogo dove va lei, è la risposta ironica! L’aereo ha un forte sussulto, il fumo è denso e acre, la confusione è totale, le urla assordanti. Entrambi si alzano dalle loro poltrone sono barcollanti cadono uno vicino all’altro e capiscono che la resa dei conti è arrivata.

Dopo poco si trovano in mezzo all’oceano, aggrappati ad un canotto e a una valigia. Attorno a loro morte e desolazione, non un lamento, un segno di vita. Davanti a loro l’orizzonte, infinito.

Con ironia sfacciata il “dottore” domanda: cosa dicevamo?

Siamo fottuti è la risposta.

Dove andiamo? Domanda il manager.

Non lo so, risponde il meridionale, ma dobbiamo tirarci fuori da questa situazione.

Per ore e ore remano con le sole braccia. Nel silenzio ogni tanto scambiano un’occhiata per rassicurarsi l’un l’altro. La notte è lunga e di soccorsi neanche l’ombra. I due seduti sul canotto cominciano a raccontarsi.

È arrivato il momento di presentarci non crede? Dice il dottore.

Enzo, mi chiamo Enzo, risponde l’altro nervosamente.

A cosa stai pensando?

Penso alla mia famiglia, a mia moglie ai miei figli; loro non mi credono su un aereo, penso come sarà difficile adesso per loro e a come vivranno senza di me. Ero diretto al nord, avevo fatto un grosso colpo per ribaltare la mia esistenza e la loro, ma ho ottenuto l’effetto contrario. Ho fatto contrabbando di diamanti, in questa valigia ho un’enorme ricchezza e, proprio adesso che pensavo di aver dato una svolta alla mia vita, mi ritrovo in mezzo all’oceano.

Io mi chiamo Aldo, non sono manager e nemmeno un dottore, anzi sono un imbroglione da quattro soldi. Scappavo come ho fatto sempre negli ultimi anni, anch’io ho figli, mia moglie è andata via con loro per il mio modo di vivere. Tutti sono scappati via da me, però non colpevolizzo nessuno, ho meritato di essere allontanato.

Perché è stato giusto? Domanda Enzo.

Perché ho rappresentato loro ciò che non ero, adesso più che mai, non so chi sono. Ho cominciato a fare truffe, dice Aldo, e ancora non capisco il perché; provengo da una famiglia agiata del nord, ho studiato, buone amicizie altolocate, una vita tranquilla e la mia infanzia è passata tra gli agi e le mollezze, come un soffio di cui non riesci a coglierne la leggerezza. Avevo tutto, proprio tutto, capisci? E tu Enzo?

Lascia stare finiscila!

Dai parlamene, mi aiuterà a capire, dice Aldo.

Enzo guarda l’orizzonte, l’espressione si fa dura.
La mia infanzia l’ho cancellata, non c’è più nemmeno nei miei ricordi. Ho sofferto troppo; ho raschiato la terra con i denti, non ho avuto nulla, niente, capisci? Non un bacio, non una carezza, un’attenzione, non un gioco, solo nulla; ora al buio sto meglio.

Adesso anch’io al buio sto bene, lo sai Enzo?
La prima cosa che ho pensato, quando mi hai detto che in quella valigia c’è un’enorme ricchezza, è stata: a questo “faccione” glieli devo fottere tutti sti soldi. Forse per questo ora al buio sto bene anch’io.

Enzo lo guarda e ferma in aria le sue mani nodose, il suo fare diventa serio, per la prima volta minaccioso: dottorino, dietro a sto faccione, come lo chiami tu, c’è un uomo incapace di perdonare chi tradisce. La lealtà è il mio credo. E poi, scusa, ma a cosa ci serve ora il denaro? Domani forse non vedremo il sole; sono nato povero, non avere soldi per me è normale, non riesco a stare solo senza l’amore: quello pulito e disinteressato dei miei figli e di mia moglie. Contano loro, il resto è nulla, come la mia infanzia.

Aldo lo guarda e gli dice: io sono nato nel benessere, ma nonostante ciò arrivo da una vita senza certezze, non una casa, non un lavoro solo occasioni e talento buttati via. Ora ho solo l’amore dei miei figli, dietro di loro c’è il buio come stanotte. Se ti avessi incontrato prima saresti stato come tutto il resto del mondo: una preda da fregare ed abbandonare subito dopo senza pietà.

I due si guardano, e illuminati dal bagliore della luna piena non si sentono più così soli, così diversi tra loro. Come sull’aereo in volo, ogni parola aggiunta, ogni emozione descritta, ogni vicenda raccontata li fa avvicinare sempre più. Non si accorgono che l’alba è arrivata e niente sarà più come prima. La terra si vede in lontananza, buttano in mare la valigia con tutto ciò che rappresentava per loro.

La meta comune ha ridotto le distanze tra due mondi distanti per cultura ed estrazione sociale. Le mani del faccione picchiano amichevolmente la spalla del falso dottore. Adesso forse il loro cammino diverrà più praticabile.