Il paradosso del Gruppo della Trasgressione

 

Pasquale Fraietta

28-10-2015

Da circa un anno frequento qui nel carcere di Opera il "Gruppo della trasgressione". Si tratta di un singolare progetto culturale e rieducativo, che è nato e ha il suo fulcro all'interno degli istituti penitenziari lombardi, inizialmente in San Vittore, dal 2008 anche nelle carceri di Bollate e Opera.

Ed è proprio qui, sul gruppo attivo nel carcere di Opera, che intendo soffermarmi e soprattutto sulle notevoli ambizioni che lo stesso si prefigge e concretizza ormai da diverso tempo, ottenendo peraltro moltissimi apprezzamenti tanto dalle istituzioni quanto da quella società che, da apparentemente fredda e distaccata rispetto al pianeta carcere, si avvicina, invece, sempre più al progetto, al gruppo e alle sue tante iniziative.

Cominciamo col dare una definizione più o meno verosimile al nome del gruppo, coniato circa 20 anni fa dal suo ideatore, il noto psicologo dott. Angelo Aparo. Rammento la sua risposta quando gli abbiamo chiesto: perché "Gruppo della Trasgressione"? In che modo la “trasgressione” dovrebbe favorire la rieducazione dei trasgressori?

"Una parte della risposta sta proprio nell’uso deliberatamente paradossale del termine", rispondeva con quel suo modo disorientante e provocatorio, attraverso il quale trapela però un forte senso di umanità e solidarietà per il prossimo e, in particolar modo, per chi è disposto a "rivedersi". In sintesi: trasgressione, in quanto ricerca di sé al di là degli schemi che in passato hanno tolto la libertà di sentire; trasgressione perché al tavolo si diventa un gruppo aperto al dialogo, all'autocritica e alla più profonda riflessione; trasgressione, in quanto superamento dello stereotipo secondo il quale il detenuto è solo un individuo senza scrupoli, chiuso nelle sue posizioni, nel suo deviante senso della "moralità".

In effetti, io stesso posso testimoniare che al tavolo degli incontri ci si spoglia di quella corazza alla quale ognuno ricorre per essere ciò che nel profondo non è, ci si mette in discussione con le proprie opinioni, con le testimonianze sui propri vissuti, traendo dalle macerie del proprio passato materiale per giungere a nuove idee e a un nuovo modo di sentire, mettendo a "nudo" le proprie fragilità, sino a imparare a riconoscere e a dialogare con quegli stati d'animo che le stesse smuovono.

 

Marianna Stella Fraietta

 

Ebbene Sì! La definizione "trasgressione" è quella più appropriata e, se inizialmente poteva sembrare provocazione, oggi è la nostra reale rivoluzione. Qualcuno potrebbe addirittura pensare che, considerato il contesto e il momento storico, credere nell'essere umano sia veramente una sorta di trasgressione! Forse... ma i fatti dimostrano che questo modo di intendere la trasgressione lentamente dilaga poiché il gruppo non è composto solo da detenuti o ex detenuti, ma anche da molte persone interessate al dialogo e alle relazioni interpersonali e, fra queste, tantissimi studenti universitari.

Da diverso tempo Il "Gruppo della Trasgressione" s'incontra e dialoga con molte scolaresche dentro e fuori da carcere per trattare temi che riguardano il sociale e le piaghe da cui è afflitto, come il bullismo, la devianza, il difficile rapporto del cittadino con l'autorità, il rapporto genitori e figli e le condizioni per cui fiducia e credibilità nelle istituzioni lentamente si sfaldano. E poi tante altre cose, come per esempio la realizzazione di strumenti di sostegno e di accompagnamento per il detenuto, durante e dopo la detenzione, nel difficile cammino di chi, venendo da un passato opaco e tenebroso, vorrebbe diventare parte viva della nostra società.

Proprio a questo riguardo, voglio sottolineare l'ultimo dei traguardi raggiunti dal gruppo, che è riuscito a coinvolgere La Croce Rossa, il Rotary club Duomo e il PRAP della Lombardia in un progetto grazie al quale detenuti e studenti del nostro gruppo di “trasgressori” hanno potuto seguire un corso di soccorritore e primo intervento. In questo modo molti di noi (in particolare di noi detenuti) hanno avuto la possibilità di sentirsi concretamente utili per il prossimo, di vivere e "restituire" alla società sentimenti e impegno per riconquistare la vera e autentica dignità di essere umano.

Forse è proprio questa la vera "trasgressione”, forse, come dice il nostro professore: "lo scopo del dolore non è la reclusione, la meta è all'orizzonte, è la rivoluzione."

Pasquale Fraietta (componente del "Gruppo della Trasgressione")